di Silvia Sottile
Springsteen: Liberami dal Nulla, il film 20th Century Studios con Jeremy Allen White nel ruolo di Bruce Springsteen, diretto da Scott Cooper (qui l'incontro stampa con regista e protagonista) e tratto dall'omonimo libro di Warren Zanes, è al cinema dal 23 ottobre.
Springsteen: Liberami dal Nulla vede
anche Jeremy Strong nel ruolo di Jon Landau, storico manager e
confidente di Springsteen; Paul Walter Hauser nei panni del tecnico di chitarre
Mike Batlan; Odessa Young nel ruolo di Faye; Stephen Graham in quello di
Doug, padre di Springsteen; Gaby Hoffman è Adele, la madre di Springsteen; David Krumholtz è Al Teller, Columbia executive.
Il film, che mostra al pubblico l'uomo dietro la
musica, racconta la realizzazione dell'album Nebraska di Bruce Springsteen del 1982. Inciso con un registratore
a quattro piste nella sua camera da letto in New Jersey, l’album segnò un
momento di svolta nella sua vita ed è considerato una delle sue opere più
durature: un album acustico puro e tormentato, popolato da anime perse in cerca
di una ragione per credere.
A differenza della maggior parte dei biopic musicali che in genere raccontano tutta la carriera della star di turno, Springsteen: Liberami dal Nulla si focalizza su un momento ben preciso dell’ascesa di Springsteen, ovvero la genesi di un album molto particolare, Nebraska, che segna un tassello fondamentale nella sua vita e una significativa svolta artistica. Un’opera che porta Bruce a confrontarsi con il suo passato e i suoi demoni, la sua profonda depressione, incanalando tutte le sue fragilità nella musica. Ne viene fuori un album molto lontano dalle aspettative ma necessario, quasi catartico, da cui poi sorgerà il mito di “The Boss”, la leggenda del rock.
In questo, Springsteen: Liberami dal Nulla è per certi versi un'operazione simile a quella fatta da James Mangold su Bob Dylan con A
Complete Unknown (qui la nostra recensione) che si concentrava sulla sua
svolta elettrica.
Non solo musica, dunque, in Springsteen: Liberami
dal Nulla, per quanto sia di base l’elemento portante, ma anche – se non
soprattutto – l’aspetto interiore di un uomo che cerca di trovare se stesso
facendo i conti con il suo vissuto e i suoi traumi, da ricercare in particolare
nel rapporto col padre. Indubbiamente la scena più intensa e commovente è
proprio un delicato e struggente confronto tra i due sul finire della pellicola. Da brividi. Grazie alle straordinarie interpretazioni di Jeremy Allen White (protagonista della serie The Bear, per cui ha ricevuto numerosi riconoscimenti) che si
trasforma completamente in Bruce Springsteen e di
un superlativo Stephen Graham, probabilmente il valore aggiunto del film.
E poi naturalmente tanta meravigliosa musica. Grande
spazio ai brani dell’album Nebraska (intimo, acustico, in
buona parte folk) e all’esplosione adrenalinica ed elettrizzante della sua
canzone più famosa e iconica: l'immortale (e decisamente rock) Born in
the U.S.A. A dir poco magnetico e impressionante Jeremy Allen
White nel cantare personalmente i grandi successi del Boss, riuscendo a
renderne magistralmente non soltanto la voce ma anche la grinta e
l'anima.



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