di Silvia Sottile
The Mastermind, il nuovo film della celebrata regista Kelly Reichardt (First Cow, Showing Up), presentato in Concorso al 78. Festival di Cannes con un indimenticabile Josh O’Connor, è nelle sale italiane dal 30 ottobre, distribuito da MUBI.
In una tranquilla periferia del Massachusetts intorno
al 1970, J.B. Mooney, padre di famiglia disoccupato e ladro d'arte dilettante,
decide di intraprendere la sua prima rapina. Dopo aver studiato il museo e
reclutato i complici, ha un piano infallibile. O almeno così crede.
Brillante riflessione sulla follia dell'uomo, The
Mastermind vede anche la partecipazione di Alana Haim, Gaby Hoffmann, John Magaro, Hope
Davis e Bill Camp.
Ricco di dettagli e sfumature, questo sottile ritratto di un’epoca sovverte illusioni
radicate e affronta il disincanto.
The Mastermind è un film pacato
e riflessivo, che inizia – in maniera un po’ ingannevole – come un tipico heist
movie (sottolineato anche dalla colonna sonora), salvo poi trasformarsi in qualcosa di totalmente diverso. Da notare che il
titolo è particolarmente ironico, dato che il protagonista che organizza il
piano criminale è tutt’altro che una “mente” geniale. Più che altro è l'artefice della propria rovina.
Tanto che ad un certo punto è costretto a darsi alla
fuga e il film diventa quasi un’avventura on the road, in una continua
commistione di generi. In realtà neanche questo è il punto centrale della
delicata pellicola di Kelly Reichardt che,
nel seguire le peregrinazioni senza scopo del protagonista, riflette sul
disincanto e sulla sconfitta di una generazione. Un film ambientato in uno
specifico periodo storico (gli anni ’70), quando crolla a vista d’occhio l’ideale
del sogno americano. Ma che ha comunque una valenza fortemente attuale e contemporanea.
The Mastermind risulta un film piuttosto
bizzarro, fatto principalmente di immagini e silenzi, dai tempi molto dilatati,
dal ritmo lento e sconclusionato, che non punta affatto a trovare una direzione,
al pari del suo personaggio principale, in cerca di non si sa bene cosa. Fino a un
finale alquanto ironico che sa di contrappasso dantesco.
L’unico aspetto degno di nota di The Mastermind è
l’impeccabile interpretazione di Josh O'Connor nei panni di questa sorta di anti eroe imbranato,
sfuggente ed egoista. Lo incarna con quella sua bravura misurata (a tratti ricorda La Chimera), donandogli
molta tenerezza e malinconia. Infatti alla fine non si può fare a meno di volergli
bene e provare un moto di simpatia nei suoi confronti, nonostante l’evoluzione della storia.



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