martedì 26 settembre 2017

"L'incredibile vita di Norman": conferenza stampa con Richard Gere

di Silvia Sottile



Se chiedi a Norman Oppenheimer quale sia il suo mestiere, la risposta sarà “se le serve qualcosa io gliela trovo!”. Con una delle migliori interpretazioni di sempre, Richard Gere è Norman, un faccendiere ebreo di New York, alla disperata ricerca di attenzioni e amicizie che possano cambiargli la vita. La sua è una corsa continua a soddisfare i bisogni degli altri nella speranza di trovare un giorno il rispetto e il riconoscimento da sempre desiderati. Quando in Israele viene eletto Primo Ministro un uomo a cui anni prima Norman aveva fatto un favore, quel giorno che tanto aveva desiderato sembra finalmente arrivato. Ma sarà davvero come lo immaginava?

L’incredibile vita di Norman di Joseph Cedar, al cinema dal 28 settembre con Lucky Red, è una commedia intelligente e profonda sull’importanza delle relazioni e sul bisogno di contare col quale prima o poi tutti nella vita facciamo i conti. Nel cast anche Lior Ashkenazi, Michael Sheen, Steve Buscemi, Charlotte Gainsbourg e Dan Stevens.


Abbiamo avuto il piacere di incontrare a Roma il protagonista assoluto della pellicola, Richard Gere. Ecco cosa ci ha raccontato in conferenza stampa l’attore statunitense, pur provato dal jet lag: 

Come vede il personaggio di Norman dall'esterno? Che limite dà all'amicizia? Un rapporto dare/avere?
“Le persone dopo aver visto questo film mi chiedono sempre: ‘Perché Norman è così fastidioso? Perché non se ne va?’. Credo che oggi il mondo sia basato su trattative e compromessi. Qualcosa da ottenere in cambio o cosa posso fare per ottenere qualcosa. Nelle piccole comunità la visione era più semplice. Oggi non è più così. Anche il Presidente degli Stati Uniti non è spinto da alcun senso morale ma da compromessi. L’aspetto positivo è che ci fa da specchio. Lui, Norman, ha entrambe le cose. È il re del compromesso ma vorrebbe anche rendere davvero felici le persone. È generoso e gentile.
Nel film in realtà c'è solo una scena e mezza faccia a faccia con Norman e il Primo Ministro, la scena della scarpa, che è un simbolo importante. Ho iniziato a improvvisare. Ho suggerito di fargli indossare la scarpa come Cenerentola. Si tratta di un momento importante perché, come in una favola, ha accettato la relazione di amicizia, quasi come un innamorarsi. Poi c’è l’incertezza di Norman quando è in fila per stringergli la mano. E lì l’amicizia viene rivitalizzata con nuova linfa. Ma poi c’è il lancio del telefono: l’amicizia che deve cedere il passo a un compromesso più importante cioè la pace in Medio Oriente”.

Copyright foto © Silvia Sottile

Come ha lavorato sul personaggio e sui suoi movimenti?
“È stato facile perché Norman sono io. Abbiamo trascorso un'intera giornata a fare prove. Alla fine decido io come interpretare il personaggio, è il mio lavoro. Però faccio giocare per un giorno il regista e il costumista ma poi decido io. Il regista mi voleva modificare i lineamenti per non essere riconoscibile o simile ad altri miei personaggi, ho pensato che sarebbero state perfette delle orecchie a sventola, così abbiamo provato queste protesi di plastica che andavano bene.
Norman è un personaggio tipico di New York, io ci ho vissuto ed è pieno di questi personaggi. Lui è emerso nella mia memoria con facilità. Ho dovuto rimuovere gli ostacoli e lasciare che emergesse la sua personalità in libertà”.

“Chi sei? Cosa ti serve? Posso presentartelo?” sono queste le frasi che Norman ripete sempre. Lei è mai stato vittima di un Norman?
“In ogni cultura e in ogni settore abbiamo un Norman. Credo che tutti quanti noi conosciamo un Norman in ogni ambiente: c'è nel mondo dell’economia, del giornalismo, ecc... Ci sono quelli fighi che contano e quelli intorno che provano ad entrare cercando una porta che non sia chiusa.
Norman è un personaggio universale, mente, un imbroglione, però di fondo è una persona buona e di buon cuore, generosa. Lui ci crede veramente, vorrebbe davvero dare quello che promette. Questo lo salva. Quando esplori un ruolo scopri che le persone hanno tutte gli stessi scopi. Non solo i soldi ma i soldi come metro di misura di chi vince. Soldi come giudizio”. 

Copyright foto © Silvia Sottile

La sua interpretazione è stata molto lodata, addirittura c’è chi parla di Oscar. Cosa ne pensa?
“Io scelgo i miei ruoli non pensando al giudizio dell’Academy. Certo, l’Oscar mi potrebbe essere utile perché mi renderebbe più facile realizzare film indipendenti e in numero maggiore”.

Nel film si cita la metafora della ruota che gira, un momento sei su e un altro sei giù. Come vede questo movimento?
“Quando hai tantissimi soldi e puoi bere dell'ottimo vino diventa difficile adattarsi e bere vino di pessima qualità. Questa altalena vale per tutti e per qualsiasi cosa anche all'interno di una stessa giornata. Questo continuo movimento, questo girare di ruota… anche ad ogni respiro tutto cambia e si muove. Abbiamo difficoltà nella stasi, quando vediamo l'apparenza e non il vero. Se invece accettiamo il girare c'è la felicità”.

Lei ha avuto uno strano percorso come attore, viste le difficoltà a Hollywood dovute anche alle sue scelte politiche e adesso si avvicina ai giovani autori…
“La mia sensazione è che continuo a fare gli stessi film dell'inizio della mia carriera, come I giorni del cielo, ad esempio. Di fondo i film che ho sempre fatto sono simili, film difficili con registi giovani ma di esperienza che erano realizzati dagli Studios. La differenza è che oggi gli Studios non li fanno più e sono quindi film indipendenti. Certo, io ho un'età diversa e di conseguenza interpreto personaggi diversi ma il tipo di film è lo stesso. Solo che abbiamo budget bassi e i tempi sono molto ristretti. Ad esempio abbiamo girato Norman in soli trenta giorni!”.

Copyright foto © Silvia Sottile


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