giovedì 14 settembre 2017

"Leatherface": le origini della storia di "Non aprite quella porta"

di Alberto Leali




Nel 1974, Non aprite quella porta di Tobe Hooper ha cambiato in maniera radicale la storia del cinema dell'orrore, divenendo, per la sua natura cruda e violenta, uno degli horror più influenti e pionieristici di sempre. E Leatherface, il folle omicida con una maschera di pelle umana sul volto e la motosega in mano, è diventato un personaggio emblematico e ancora oggi terrorizzante.


Oggi, i registi Alexandre Bustillo e Julien Maury e lo sceneggiatore Seth M. Sherwood raccontano le origini di quel misterioso cattivo, di cui, in effetti, si è sempre saputo ben poco. Cosa lo ha portato a diventare un mostro? C'è mai stato in lui qualcosa di buono? È mai stato mentalmente stabile? Che ruolo ha avuto la sua famiglia? A tutti questi interrogativi cerca di rispondere Leatherface, prequel ambientato in due periodi diversi (un sanguinoso incipit negli anni '50 e il resto negli anni '60), che racconta l'infanzia e poi l'adolescenza del protagonista.

Avvolta in un'atmosfera retrò e dai colori caldi e girata (per motivi di budget) tra le colline e i boschi bulgari, che prendono il posto dei paesaggi texani, la vicenda si concentra su 4 adolescenti violenti scappati da un ospedale psichiatrico, che rapiscono una giovane infermiera e la conducono in un viaggio all'inferno. A inseguirli ci sarà un poliziotto in cerca di vendetta e la famiglia assetata di sangue di uno di loro: i famigerati Sawyer.

Come prevedibile, in Leatherface il sangue non manca, anzi probabilmente il film farà la gioia degli amanti del gore, con le sue numerose scene raccapriccianti, tra sventramenti, teste mozzate, coltellate e necrofilia. L'assenza del ricorso alla computer grafica e ai trucchi digitali accentua, inoltre, l'effetto di realismo della messinscena.

Ciò che, però, proprio non convince in Leatherface è la debole e confusa sceneggiatura, che non dà certo risposte soddisfacenti sulle origini del personaggio, come invece ci si sarebbe aspettato. Scarsa è, infatti, l'attenzione alla dimensione psicologica, tant'è che il passaggio di Jackson da ragazzo innamorato e quasi razionale ad efferato e folle omicida appare ingiustificato e poco credibile. Il suo personaggio, inoltre, rimane sempre in sordina rispetto ad altri ben più cattivi e sanguinari, come la matriarca Verna di Lily Taylor, o la Clarice di Jessica Madsen.

Nel tentativo, poi, di dare alla sceneggiatura una direzione completamente diversa dal film originale, Leatherface accumula luoghi, personaggi e situazioni già visti: dal manicomio ai medici sadici, dalla dolce infermierina alla coppia psicopatica e sanguinaria...

In generale, però, il film ha abbastanza sangue e azione da accontentare il pubblico più giovane, o che magari non è così legato, come noi, al capolavoro originale.

Dal 14 settembre al cinema.
 

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