martedì 22 maggio 2018

"Dogman": una storia di vendetta in cerca di riscatto

di Silvia Sottile



Presentato con grande successo in Concorso al 71° Festival di Cannes, dove il protagonista, Marcello Fonte, ha meritatamente vinto la Palma d’Oro per la miglior interpretazione maschile, Dogman di Matteo Garrone è liberamente ispirato al delitto del “Canaro della Magliana”, un caso efferato di cronaca nera che sconvolse Roma nel 1988.

In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello (Marcello Fonte) è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia Alida (Alida Baldari Calabria), e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (Edoardo Pesce), un ex pugile violento che terrorizza l'intero quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.


Garrone riesce a dipingere con estremo realismo quella realtà disagiata e di periferia, facendoci entrare prepotentemente in quella spirale di violenza fisica e soprattutto psicologica in cui vive il protagonista. Ci fa percorrere la sua escalation emotiva che da persona mite, buona e dolce, lo porta, a furia di vessazioni che è costretto a subire, a un’esplosione di violenza, a una vendetta consumata in cerca di riscatto, per riaffermare la propria dignità. 

La splendida fotografia cupa di Nicolaj Bruel, riflesso di questa parabola umana, trasforma Castel Volturno (zona in cui sono state effettuate le riprese) in un ritratto universale di dolente periferia suburbana. Straordinaria l’interpretazione di Marcello Fonte che riesce a mettere nel suo personaggio una tenerezza inaspettata. A fargli da contraltare, un bravissimo Edoardo Pesce, fisicamente trasformato.

Dogman è un film potente che scava nell’animo del protagonista e dello spettatore. È un film che entra dentro e attanaglia l’anima. Eppure c’è meno violenza del previsto, perché Garrone non dà assolutamente spazio all’orrore macabro delle cronache, ma lascia emergere principalmente i sentimenti di profonda umanità.


Concludiamo proprio con le parole del regista: “Dogman non è soltanto un film di vendetta, anche se la vendetta (ma sarebbe meglio chiamarla riscatto) gioca un ruolo importante, così come non è soltanto una variazione sul tema (eterno) della lotta tra il debole e il forte. È invece un film che, seppure attraverso una storia ‘estrema’, ci mette di fronte a qualcosa che riguarda tutti: le conseguenze delle scelte che facciamo quotidianamente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci portano a non poter più dire di no, dello scarto tra chi siamo e chi pensiamo di essere. In questo interrogarci nel profondo, nell’accostarsi alla perdita dell’innocenza di un uomo, credo sia un film universale, “etico” e non moralistico: anche per questo tengo molto a sottolineare la distanza dal fatto di cronaca che lo ha soltanto liberamente ispirato. Tutto, a cominciare dai luoghi, dai personaggi, dalle loro psicologie, è stato trasfigurato. Infine voglio sottolineare l’importanza dell’incontro con il protagonista del film, Marcello Fonte. La sua dolcezza e il suo volto antico hanno contribuito a chiarire dentro di me come affrontare una materia così cupa e il personaggio che volevo raccontare: un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente”.

Dogman è al cinema dal 17 maggio, distribuito da 01 Distribution. Un film da non perdere.



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