mercoledì 23 maggio 2018

"Prima che la notte": su Rai 1 il film su Pippo Fava

di Silvia Sottile



Cinque gennaio 1984. Sono da poco passate le 21. Giuseppe Fava, per tutti Pippo, giornalista e scrittore, esce dalla redazione de “I Siciliani”, il giornale che dirige, e sale sulla sua Renault 5. Deve andare a prendere la nipote Francesca. Arrivato a Catania non fa in tempo ad aprire lo sportello della macchina che viene freddato con cinque colpi di pistola alla nuca. Cinque spari di origine mafiosa che uccidono l’uomo ma che non saranno capaci di fermare i suoi ideali e il suo esempio. 

Un grande Fabrizio Gifuni interpreta Pippo Fava in un film per la tv per la regia di Daniele Vicari che riporta la grande tradizione del cinema italiano “di denuncia” sulla rete ammiraglia Rai. Prima che la notte andrà in onda in prima visione nella prima serata di mercoledì 23 maggio in occasione della Giornata della legalità dopo essere stato presentato in anteprima al Teatro Petruzzelli nel corso del Festival del Cinema di Bari BIF&ST.

Frutto di una coproduzione Rai Fiction – IIF, prodotto da Fulvio e Paola Lucisano e scritto da Claudio Fava, Michele Gambino, Monica Zapelli e lo stesso Daniele Vicari, Prima che la notte è tratto dall’omonima opera letteraria di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini & Castoldi). 


A fianco di Gifuni, Dario Aita che interpreta il figlio Claudio, Lorenza Indovina, David Coco, Fabrizio Ferracane, Barbara Giordano, Carlo Calderone, Federico Brugnone, Simone Corbisiero, Selene Caramazza, Beniamino Marcone, Davide Giordano, Roberta Rigano, Manuela Ventura, Gaetano Aronica, Aurora Quattrocchi. 

Il ricordo di un personaggio carismatico e complesso perché sempre controcorrente e indomito, che ha sposato la causa della ricerca e della denuncia pubblica della verità fino alle sue estreme conseguenze. La storia straordinaria di un uomo che ha saputo costruire il futuro nonostante tutto.

Pippo Fava, ormai ultra cinquantenne, dopo aver conseguito importanti successi nel cinema, in tv, alla radio e in teatro, nel 1980 decide di tornare a Catania per fondare un giornale. 

Intorno a questa impresa crea una vera e propria scuola di giornalismo improntata sulla più assoluta libertà d’opinione. Questa impostazione lo porta molto presto allo scontro con l’imprenditoria locale e la mafia a essa collegata che lo obbligano a chiudere il giornale. Per affermare la necessità di autonomia ed equidistanza nello svolgimento della professione, con l’aiuto del figlio Claudio e dei ragazzi formatisi con lui e ormai divenuti giornalisti capaci e appassionati, Pippo prosegue il suo cammino realizzando un mensile di grande successo. Le denunce sulla stratificazione della mafia nella sua città guidata allora da Nitto Santapaola non passano inosservate. E sarà proprio lui il mandante dell’uccisione di Fava. Morto lui, i suoi giovani allievi continueranno però a lavorare nella ricerca della verità mettendosi a servizio della libertà di stampa. 


Queste le parole del regista Daniele Vicari:

"La questione della libertà di stampa è tornata con urgenza al centro del dibattito pubblico e con essa la necessità del giornalista di svincolarsi da condizionamenti sempre più potenti e pervasivi. È per questo che la vicenda umana e professionale di Pippo Fava, mi è parsa esemplare e commovente. 

La libertà di stampa e d’opinione era una vera e propria missione per Pippo Fava. Per lui il giornalista doveva essere libero da condizionamenti politici ed economici e non doveva fare sconti a nessun potere. Per conseguire questo scopo Fava fondò un giornale straordinario, I siciliani, che resterà nella storia del giornalismo italiano come un punto luminoso e innovativo sia per l’impostazione che per la grafica. I suoi allievi (i carusi) hanno appreso da lui il rigore della inchiesta, il lavoro sulla qualità della scrittura e l’esercizio della capacità critica in ogni circostanza.

In un’epoca nella quale il giornalismo è sottoposto a pressioni gigantesche, legate anche alla ipertrofica crescita dei social media che tendono a strappare lo scettro della 'notizia' al giornalismo, la vicenda di Fava e dei suoi carusi indica una strada ancora oggi percorribile, in grado di in grado di disegnare una prospettiva e un futuro, improntato al principio irrinunciabile della libertà di stampa e d’opinione. Cose di cui oggi più che mai abbiamo bisogno. 


Quando mi è capitata l’occasione preziosa di raccontare la vicenda umana e professionale di Pippo Fava ho dovuto pormi una serie di domande sulla mia ritrosia a fare film 'di mafia', domande rimandate forse troppo a lungo. Per fortuna Fava è stato un uomo vitale, ironico, arguto ed è stata questa la mia àncora di salvataggio. La sua ironia, anche quella sulla mafia, è esemplare: «I fratelli Greco, accusati dell’omicidio del giudice Chinnici, sono degli scassapagghiari» ha detto Fava in una sua memorabile intervista a Biagi. Soprattutto esemplare è la sua lucidità analitica negli editoriali: «Chi non si ribella al dolore umano non è innocente»... Direi che già solo questa frase, con la sua carica utopica, può aiutarci ad arginare il cinismo debordante nel cinema come nel giornalismo, nei social media come nella letteratura. E questa mi è sembrata una chiave limpida d’interpretazione della sua storia".


Nessun commento:

Posta un commento