Natan
(Natan Machado Palombini) ha cinque anni, abita a Roma con la mamma
Roberta (Roberta Palombini) e sta per passare l'estate con suo padre
Jorge (Jorge Machado), che vive a Banco Chinchorro, estesa barriera
corallina nei mari messicani, con suo padre Matraca (Néstor Marín). Sarà
un'esperienza indimenticabile, alla scoperta di un mondo nuovo e
sorprendente. Un rapporto d'amore fra un padre e un figlio, l'armonia
fra l'uomo e la natura incontaminata, un ritorno alle origini
dell'umanità, ma anche l'addio ad un mondo 'diverso' che lascerà segni
profondi.
È tutto questo il bellissimo docufilm Alamar del regista di origini messicane Pedro González-Rubio. Nelle acque di una delle più belle barriere coralline al mondo, a bordo di una barchetta bianca e in compagnia di tre generazioni (nonno, padre e figlio), lo spettatore è immerso nella semplice, ma al contempo straordinaria, quotidianità dei personaggi, in un mondo che pare quasi sospeso e fiabesco per quanto è distante dalle nostre vite. E in silenzio, con gli occhi puntati allo schermo, senza un solo attimo di tedio, gustiamo ogni momento di questo viaggio nei sentimenti e nella natura. E come il piccolo Natan facciamo la conoscenza, attimo dopo attimo, esperienza dopo esperienza, di una realtà sconosciuta e affascinante, di un modo di vivere di ancestrale bellezza.
Ad accompagnarci in questo viaggio ci sono gli insegnamenti di un padre al figlioletto, il polifonico rumore del mare, uccelli marini con cui stringere amicizia, e il mondo che si cela, immenso, sotto la superficie marina. Alamar è un film da scoprire poco a poco, a cui ci si affeziona, e da cui ci si lascia trasportare senza nemmeno chiedersi se ciò che stiamo vedendo sia finzione o documentario (Jorge, Roberta e Natan sono padre, madre e figlio anche nella realtà).
Alamar è un'esperienza cinematografica che vive della bellezza e della profondità delle piccole cose, degli elementi di una natura amica e protettrice, della forza dei sentimenti e dei legami. Immagini di straordinaria potenza, che catturano scenari minimali ma pulsanti di vita, accompagnano le relazioni tra i personaggi, che vediamo dispiegarsi in itinere, attraverso dialoghi e gesti di spontanea e pregnante intimità.
È tutto questo il bellissimo docufilm Alamar del regista di origini messicane Pedro González-Rubio. Nelle acque di una delle più belle barriere coralline al mondo, a bordo di una barchetta bianca e in compagnia di tre generazioni (nonno, padre e figlio), lo spettatore è immerso nella semplice, ma al contempo straordinaria, quotidianità dei personaggi, in un mondo che pare quasi sospeso e fiabesco per quanto è distante dalle nostre vite. E in silenzio, con gli occhi puntati allo schermo, senza un solo attimo di tedio, gustiamo ogni momento di questo viaggio nei sentimenti e nella natura. E come il piccolo Natan facciamo la conoscenza, attimo dopo attimo, esperienza dopo esperienza, di una realtà sconosciuta e affascinante, di un modo di vivere di ancestrale bellezza.
Ad accompagnarci in questo viaggio ci sono gli insegnamenti di un padre al figlioletto, il polifonico rumore del mare, uccelli marini con cui stringere amicizia, e il mondo che si cela, immenso, sotto la superficie marina. Alamar è un film da scoprire poco a poco, a cui ci si affeziona, e da cui ci si lascia trasportare senza nemmeno chiedersi se ciò che stiamo vedendo sia finzione o documentario (Jorge, Roberta e Natan sono padre, madre e figlio anche nella realtà).
Alamar è un'esperienza cinematografica che vive della bellezza e della profondità delle piccole cose, degli elementi di una natura amica e protettrice, della forza dei sentimenti e dei legami. Immagini di straordinaria potenza, che catturano scenari minimali ma pulsanti di vita, accompagnano le relazioni tra i personaggi, che vediamo dispiegarsi in itinere, attraverso dialoghi e gesti di spontanea e pregnante intimità.
Alamar, dal 25 maggio al cinema,
ci ha messo otto anni per arrivare sui nostri schermi, ma grazie al
cielo è arrivato! E anche se, forse, non sarà facile vederlo, provateci,
ne varrà sicuramente la pena!
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