giovedì 11 maggio 2017

"King Arthur - Il potere della spada": rivisitazione dark e fantasy del mito di Artù

di Silvia Sottile



Dopo aver rinverdito con successo i fasti del più noto investigatore britannico con Sherlock Holmes (2009) e Sherlock Holmes – Gioco di ombre (2011) ma reduce dal flop del sottovalutato Operazione U.N.C.L.E. (2015) – che comunque a noi non era dispiaciuto – Guy Ritchie decide di cimentarsi addirittura con la leggenda di Re Artù, già innumerevoli volte portata sul grande schermo con alterni risultati, naturalmente plasmandola a proprio piacimento per renderla consona alle sue corde e al suo stile. 

Il risultato è una rivisitazione dark della leggenda che vira eccessivamente sul fantasy a tal punto da risultare spiazzante per lo spettatore più tradizionalista. Concentrandosi principalmente sulla nascita del mito, King Arthur – Il potere della spada ne riscrive completamente la storia fin dalle origini. 


Quando il re Uther (Eric Bana), padre del piccolo Artù, viene assassinato da suo fratello Vortigern (Jude Law), il piccolo erede riesce a fuggire e viene cresciuto in un bordello nella città di Londinium (una sorta di antica Londra romano – medievale). Artù (Charlie Hunnam) cresce dunque senza sapere nulla sulle sue origini, imparando a sopravvivere e a destreggiarsi tra i pericolosi vicoli della città. Ma il crudele zio Voltigern è alla sua continua ricerca, perché solo uccidere il legittimo re può far dormire sonni tranquilli all’usurpatore, così obbliga tutti i giovani del regno a provare ad estrarre la spada dalla roccia. Quando Artù riesce ad estrarre Excalibur la sua vita cambia radicalmente, passa dalla parte dei ribelli e si ritrova costretto, suo malgrado e con riluttanza, ad accettare l’eredità che gli spetta di diritto.


Fin dal cupo prologo, con tanto di elefanti giganti (più avanti vedremo anche un serpente di dimensioni sovrannaturali), capiamo subito il taglio pesantemente fantasy dato dal regista a questa sua rivisitazione moderna e irriverente del classico mito di Excalibur che stravolge le vicende per come le conosciamo. Certo, va dato atto a Ritchie di essersi assunto coraggiosamente un rischio non indifferente e di aver nell’insieme mantenuto fede al suo stile creando un prodotto in un certo senso coerente e ben riconoscibile. Eppure sono tante le cose che non convincono a partire dalla difficoltà di conciliare i toni epici con quelli ironici che infatti  spesso si trovano a stridere. 


Innanzitutto, piuttosto che in un kolossal epico sembra purtroppo di trovarsi dentro un immenso videogioco in 3D ricco di effetti speciali, colpa anche del montaggio a tratti frenetico in stile videoclip e a tratti rallentato con un uso eccessivo della slow motion. Aver stravolto completamente il personaggio di Artù, reso spavaldo e sbruffone, una sorta di coatto di periferia, lo fa assomigliare più a un Robin Hood versione dark che non all’erede di Camelot. Inoltre sono fin troppi gli aspetti fantasy della pellicola che richiamano in maniera evidente Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit di Peter Jackson, ma anche Il Trono di Spade. Non manca una massiccia componente action, parecchio rude, che avvicina King Arthur addirittura allo stile fracassone dei cinecomic. 

Anche la recitazione passa quasi in secondo piano. L’unico a lasciare il segno è Jude Law nel ruolo del villain; l’attore britannico dà a Vortigern movenze che a tratti ricordano il suo Lenny Belardo/Pio XIII in The Young Pope. Hunnam non risulta particolarmente incisivo e nessun altro del cast (Astrid Bergès-Frisbey, Djimon Hounsou, Aidan Gillen, Katie McGrath, Tom Wu e persino un cameo dell’ex calciatore David Beckam) riesce ad emergere a causa di una scrittura non approfondita dei personaggi secondari.


Segnaliamo invece l’ottimo lavoro di tutto il comparto tecnico: dalle sontuose scenografie di Gemma Jackson (Neverland – Un sogno per la vita) alla fotografia plumbea di  John Mathieson (Logan – The Wolverine). Discorso a parte merita la colonna sonora di Daniel Pemberton (reduce dalle nomination ai Golden Globe per la canzone originale di Gold – La grande truffa e la colonna sonora di Steve Jobs): le musiche sono esageratamente presenti e martellanti per sposarsi alla perfezione con i toni eccessivi, sotto tutti i punti di vista, della pellicola, ma pur sembrando rock sono in realtà realizzate solo con strumenti d’epoca; dettaglio che evidenzia l’accuratezza per i particolari.

Splendide le location naturali scelte per le riprese che si sono svolte principalmente in Galles mentre alcune scene ambientate nelle Terre Oscure (dove Artù viene inviato dalla Maga per la prova del fuoco della sua origine) sono state girate in Scozia, nella splendida isola di Skye, caratterizzata da paesaggi mozzafiato.

King Artur – Il potere della spada, nelle nostre sale dal 10 maggio, è un prodotto di mero intrattenimento che prevede diversi sequel. Supponiamo che molto dipenderà dai risultati al box office.




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