martedì 30 maggio 2017

"I figli della notte": tra dramma e fiaba dark, la (de)formazione della nuova classe dirigente

di Alberto Leali


L'introverso sedicenne Giulio (Vincenzo Crea) è spedito da sua madre in un esclusivo e rigido collegio dell'Alto Adige che forma i futuri dirigenti. Qui conosce il coetaneo Edoardo (Ludovico Succio), dal temperamento spavaldo e ribelle, grazie al quale scoprirà l'esistenza di un bordello nel bosco, frequentato dai ragazzi dell'istituto durante le loro fughe notturne. 

Un collegio  per ricchi teso a formare la futura classe dirigente tramite rigidi meccanismi di repressione, privazione, competizione ed espiazione è al centro de I figli della notte, esordio alla regia del "nipote d'arte" Andrea De Sica. Un microcosmo in cui tutti sanno, ma nessuno parla e in cui solo chi riesce ad affrontare la vita con la crudeltà richiesta può salvarsi e affermarsi, non importa a quale costo. Un mondo oscuro e silenzioso, in cui bullismo, conflitti, tensioni e trasgressioni sono frequenti e fanno parte dell'"offerta formativa", avallati da una direzione che impietosamente osserva e modella. Una sorta di prigione deluxe immersa nelle Alpi in cui ragazzi inquieti, soli e infelici compiranno il loro atipico percorso di maturazione e (de)formazione.



Ad attirare subito l'attenzione nel film di Andrea De Sica sono le atmosfere inquietanti e quasi orrorifiche che avvolgono la vicenda, grazie alla fotografia notturna di Stefano Fallivene, in perfetta armonia con l'ottima ed "espressiva" colonna musicale. Atmosfere che rimandano a Suspiria di Dario Argento per il fiammeggiare dei colori all'interno di ambienti votati alla disciplina o a Shining di Stanley Kubrick per l'immenso hotel immerso fra le nevi e i suoi lunghi corridoi in cui si insinuano poco a poco l'angoscia e la follia. Ma vengono anche in mente Il giovane Torless di Robert Musil, per i rapporti perversamente pericolosi che si instaurano fra gli allievi/rampolli e per i "funzionali" atti di nonnismo, o 1984 di George Orwell per il ruolo onnipresente e onnisciente degli educatori, o ancora il mondo di incubi e fantasmi di Lynch e Cronenberg. Un'opera in bilico fra il dramma più crudo e la fiaba dark, che manifesta un notevole talento visivo, nonostante lo stile derivativo, e il coraggio di affondare il coltello in profondità, pur toccando il sentenzioso con un finale (politico) fin troppo calcato.


I figli della notte pecca, però, soprattutto nei dialoghi, costituiti spesso da frasi fatte o ad effetto, e, più in generale, in una sceneggiatura non all'altezza delle sue ambizioni di ampio discorso sociale, che appare piuttosto lacunosa e irrisolta.

Il film, infatti, non appassiona e non sempre convince nel suo lento e inesorabile racconto di discesa agli inferi, ma finisce per sconcertare solo nel troppo improvviso (e quindi non del tutto giustificato) finale ad effetto. Bravi, comunque, i due giovanissimi protagonisti Vincenzo Crea e Ludovico Succio. 

Un esordio imperfetto e claudicante, ma incoraggiante e lontano dalle consuetudini del nostro cinema attuale. In sala dal 31 maggio.

Nessun commento:

Posta un commento