lunedì 9 aprile 2018

#UnescoMovie: "Il Principe delle Volpi"

di Diletta Nicastro



E’ notizia di pochi giorni fa il crollo di un tratto della cinta muraria medievale del borgo di San Gimignano, Patrimonio Culturale Unesco dal 1990. Le cause sono ancora da accertarsi e, nel frattempo, il sindaco Giacomo Bassi ha chiesto una mano alle autorità regionali e nazionali “per gestire l’emergenza e per capire le cause del crollo”, come ha riferito Il Corriere della Sera.


Per aumentare la sensibilizzazione su questo evento inatteso, abbiamo deciso di dedicare a San Gimignano l’articolo #UnescoMovie di questa settimana. Nel tempo vari film sono stati girati in questo magnifico borgo. Il primo risale addirittura al 1925, quando fu il set de Il fu Mattia Pascal del francese Marcel L’Herbier. Seguirono, tra gli altri, Fratello sole, sorella luna (1971) e Un tè con Mussolini (1999) di Franco Zeffirelli o Il prato (1979) dei fratelli Taviani. Tuttavia il film che abbiamo scelto è Il principe delle volpi (Prince of the Foxes, 1949) di Henry King, con Orson Wells e Tyrone Power.


Sebbene non famosissima, questa pellicola è stata determinante per l’importanza cinematografica italiana nel mondo. Perché? Perché si tratta del primo film statunitense interamente girato da noi e della prima volta di Hollywood a Cinecittà nel dopoguerra, aprendo la nostra epoca d’oro (da segnalare che il film si apre con un cartello in cui si comunica che tutte le riprese sono state effettuate in Italia, nei luoghi più vicini possibile a dove si svolsero gli eventi narrati).

La storia, tratta dall’omonimo romanzo dell’americano Samuel Shellabarger, pubblicato nel 1947, si svolge ai tempi di Cesare Borgia (Orson Wells) che tenta di conquistare la fittizia Città del Monte nelle Marche, difesa da Andrea Orsini (Tyrone Power), ex sgherro proprio di Borgia ma deluso dalla sua efferata violenza.


Nel corso della storia compaiono vari siti Unesco, tra cui Venezia (durante uno dei viaggi di Andrea Orsini), Siena (Sala del Mappamondo e Cappella del Palazzo Pubblico) e San Marino (il background del castello di Città del Monte), ma quello che sta a noi a cuore è raccontare il set di San Gimignano, con Piazza del Duomo che viene utilizzata come piazza centrale di Città del Monte.

Contrariamente a quanto accadeva per i più sgargianti film in costume dell’epoca, Il principe delle volpi è stato girato in bianco e nero, proprio a causa della sua location italiana. Dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale i monumenti mostrati erano feriti e dilapidati e per cancellare le ‘cicatrici’ era necessario girare in bianco e nero. “Nel momento in cui abbiamo iniziato a lavorare, abbiamo compreso che vi era qualcosa di sbagliato. Il film andava bene, guadagnò bene e tutto il resto, ma al tempo stesso un film del genere avrebbe avuto un bisogno viscerale dei colori”, dichiarò all’epoca il regista Henry King.


Per quanto forse a colori sarebbe stato più bello (ed avrebbe magari avuto una maggiore eco nella storia cinematografica), di sicuro la fotografia di Leon Shamroy (che veniva da tre Oscar vinti in rapida successione tra il 1943 e il 1946) è magnifica e gli è valsa l’ennesima nomination agli Oscar nella categoria bianco e nero (a vincere è stato Bastogne). Il film ottenne anche una nomination per i costumi in bianco e nero, realizzati dall’italiano Vittorio Nino Novarese (Oscar poi per Cleopatra e Cromwell).

Ecco la motivazione per cui il Centro Storico di San Gimignano è entrato a far parte del Patrimonio Culturale: 

“La cittadina di San Gimignano delle “Belle Torri” si trova in Toscana, 56 Km a sud di Firenze. Era un importante punto di ristoro per i pellegrini che si recavano a Roma o tornavano da essa lungo la Via Francigena. Le famiglie nobili che controllavano la città avevano costruito ben 72 case-torri alte fino a 50 metri, simboli della propria ricchezza e potere. Di queste torri ne restano solo 14 ma San Gimignano ha conservato la sua atmosfera ed il suo aspetto feudale. La città conserva, inoltre, degli importanti capolavori dell’arte italiana del XIV e XV secolo”.


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