martedì 3 luglio 2018

"Stronger - Io sono più forte": un inno alla vita

di Silvia Sottile



Jake Gyllenhaal interpreta Jeff Bauman, un 27enne che era alla maratona di Boston per provare a riconquistare l’amore della sua ex-ragazza Erin (Tatiana Maslany). È lì al traguardo ad aspettarla quando le bombe esplodono, provocandogli la perdita di entrambe le gambe. Dopo aver ripreso conoscenza in ospedale, Jeff aiuterà la polizia ad identificare uno degli attentatori, ma la sua battaglia personale è soltanto all’inizio. Dovrà affrontare lunghi mesi di riabilitazione fisica ed emotiva, trovando in se stesso e nell’instancabile supporto di Erin e della sua famiglia, la forza per reagire.

Stronger è il racconto intimo e personale di un viaggio eroico che Jeff ha compiuto, un viaggio che ha messo alla prova i legami familiari, ha stimolato l’orgoglio ed il senso di appartenenza ad una comunità, e ha fatto emergere in lui quella forza interiore nascosta che permette a tutti noi di superare anche le sfide più dure che la vita ci presenta. Emozionante, diretto, ricco di umanità: Stronger è l’incredibile storia vera dell’uomo che rappresenta l’incarnazione vivente della “forza di Boston”. Nel film, diretto da David Gordon Green, spicca anche la partecipazione della candidata al premio Oscar® Miranda Richardson.





Stronger è sicuramente una pellicola molto emozionante e commovente che tratta lo stesso episodio (l'attentato alla maratona di Boston del 2013) del film Boston - Caccia all'uomo (2016) di Peter Berg con Mark Wahlberg, focalizzandosi, però, su un aspetto completamente diverso. 

Jake Gyllenhaal, come sempre straordinario, regala un'intensa e toccante interpretazione che da sola vale il prezzo del biglietto. La potenza emotiva di una scena in particolare (quella della doccia) mette davvero i brividi e non può non toccare profondamente l'animo dello spettatore. La storia, raccontata in maniera classica e tipicamente americana, riesce solo in parte ad evitare di cadere nella trappola dell'eccessiva retorica ma la superba e magistrale prova di Gyllenhaal (e degli ottimi comprimari) alza nettamente l'asticella, facendo quasi dimenticare le brevi derive strappalacrime dello script e della messa in scena (più evidenti nel finale).

Dal 4 luglio al cinema, distribuito da 01 Distribution.





Alla Festa del Cinema di Roma abbiamo avuto il piacere di incontrare il protagonista, Jake Gyllenhaal, e l'eroe di Boston in persona, Jeff Bauman. Ecco cosa ci hanno raccontato:

Gyllenhaal: "Questa è una storia di lotta, di resistenza, avevo molto da imparare. Per me Jeff è una luce. La cosa più importante che ho imparato è che essere un eroe sta nelle piccole cose. Sono le piccole cose che ci cambiano, lo facciamo per qualcun altro. Esserci è la cosa più potente che puoi fare".

Bauman: "A me non piace il termine eroe, sono altri i veri eroi. Chi mi ha salvato la vita è un eroe. Sì, l'amore è stato importante. Io sono andato alla maratona per amore di mia moglie. L'amore è esserci".

Gyllenhaal: " Nel film si parla del disturbo da stress post traumatico. Come attore ne ho parlato tra i militari e ho imparato tante cose, ad esempio mi è stato dato questo consiglio: tratta qualunque persona come se avesse il cuore spezzato".

Bauman: "Jake ha visto dentro di me. Più cose di quelle dette. E ha messo tutto nella scena della doccia. La prima reazione è cacciare tutti e chiudersi nel buco. Scomparire e bere è una fuga. Impressionante e potente la sua interpretazione! Adesso ho cura di me e della mia famiglia, non bevo. Un passo avanti enorme per me. Ho vissuto un'esperienza simile a quella dei reduci di guerra. Stiamo attraversando un momento difficile. Sono in corso molte guerre, definite e non. Questo film è un cammino verso la speranza e la resilienza ed è stato importante far vedere pure il momento di confusione in cui viviamo. Sia il libro che il film hanno dato l'opportunità di mostrare al mondo cosa significa essere disabili e comunicare qualcosa in modo positivo. Dare un aiuto. Far capire alle persone che sono disabili che non sono sole. Tendere una mano, perché una connessione è importante. Un messaggio positivo che nasce da questa esperienza traumatica".

Gyllenhaal: "Diventare un simbolo inizialmente è stato troppo. L'ha schiacciato. Ha dovuto portare questo enorme peso di essere un simbolo. Tutti volevano aiutare ma il risultato è stato pesante, anche se c'erano buone intenzioni. Ecco perché abbiamo fatto il film, perché lui è riuscito a risollevarsi".









Copyright foto conferenza stampa © Silvia Sottile

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