giovedì 4 gennaio 2018

"Tutti i soldi del mondo" di Ridley Scott: il rapimento di Paul Getty III

di Silvia Sottile




Tutti i soldi del mondo è la ricostruzione di un fatto di cronaca realmente accaduto e divenuto un caso mediatico internazionale: il rapimento di Paul Getty III. Una storia mai raccontata prima sul grande schermo (basata sul libro di John Pearson dal titolo The Outrageous Fortune and Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty) che arriva al cinema il 4 gennaio con la firma di Ridley Scott.

Roma, 1973. Alcuni uomini mascherati (appartenenti alla 'Ndrangheta) rapiscono un ragazzo adolescente di nome Paul Getty III (Charlie Plummer), nipote del magnate del petrolio Jean Paul Getty (Christopher Plummer), noto per essere l’uomo più ricco al mondo e al tempo stesso il più avido. Il rapimento del nipote preferito, infatti, non è per lui ragione sufficientemente valida per rinunciare a parte delle sue fortune, tanto da costringere la madre del ragazzo Gail (Michelle Williams) e l’uomo della sicurezza Fletcher Chace (Mark Wahlberg) a una sfrenata corsa contro il tempo per raccogliere i soldi, pagare il riscatto e riabbracciare finalmente il giovane Paul.

Una vicenda pubblica e privata che sconvolse il mondo per aver rivelato a tutti un’incredibile verità: che si può amare di più il denaro che la propria famiglia.



Al di là del suo valore cinematografico, l’analisi di Tutti i soldi del mondo non può assolutamente prescindere dalle polemiche per cui probabilmente passerà alla storia, ovvero la sostituzione a tempo di record di Kevin Spacey (inizialmente interprete di Jean Paul Getty, poi cancellato dal film in seguito alle accuse di molestie sessuali) con Christopher Plummer. Senza voler entrare nel merito della vicenda dal punto di vista professionale ed etico, possiamo indubbiamente affermare che Scott e Plummer hanno fatto un ottimo lavoro: in soli 9 giorni sono state rigirate tutte le numerose sequenze che vedevano in scena il magnate del petrolio, dando vita ad un prodotto omogeneo e soprattutto regalandoci il miglior Getty possibile, grazie alla superba e impeccabile interpretazione del premio Oscar Christopher Plummer (meritatamente candidato al Golden Globe per questo ruolo), valore aggiunto del film. Non avendo visto la prova di Spacey non possiamo certo fare un paragone, ma sottolineiamo ancora una volta come Plummer sia stata la scelta assolutamente perfetta sia per la sua fisicità che per la sua indubbia bravura.


Per il resto, Ridley Scott costruisce un film di oltre due ore che al centro non ha tanto (o quantomeno, non solo) il rapimento del ragazzo, o la lotta disperata della madre (una intensa e sempre ottima Michelle Williams) per riportare a casa sano e salvo il figlio, quanto il peso del denaro, l’amore smisurato per i soldi che diventa avido attaccamento al punto da portare l’uomo più ricco del mondo a non voler pagare il riscatto per il nipote, dicendo alla stampa: “Ho 14 nipoti, se pagassi mi ritroverei con 14 nipoti rapiti!”. Ecco perché il vecchio Getty e i suoi soldi pesano per tutto il film come un macigno, anche quando l’uomo non è in scena. E quando c’è, catalizza l’attenzione come un faro oscuro.

Nonostante la lunghezza forse eccessiva che a tratti porta Tutti i soldi del mondo ad aggrovigliarsi su scene piuttosto simili tra loro, il film si mostra scorrevole e avvincente, non stanca e consente di appassionarsi alle vicende della famiglia Getty, in particolare al percorso emotivo della madre, affiancata dal mediatore Fletcher Chace (buona anche la prova di Mark Wahlberg in un ruolo più impegnativo rispetto a quelli in cui lo vediamo solitamente) e soprattutto, come dicevamo, porta a riflettere sul valore dei soldi, che spesso non danno la felicità ma sono forieri di tragedie, come quelle che hanno costellato la vita del giovane Getty, anche in seguito alle vicende del rapimento. Il suo interprete, Charlie Plummer, è un ragazzo molto promettente, già lodato a Venezia per il suo ruolo da protagonista in Lean on Pete di Andrew Haigh.


Il difetto principale di Tutti i soldi del mondo, invece, visibile soprattutto all’occhio di noi italiani, è l’abbondanza di cliché, stereotipi e luoghi comuni sull’Italia degli anni ‘70. Lo sguardo di Scott è purtroppo il tipico sguardo americano nei confronti del nostro paese. La gestione del sequestro (che non manca di dettagli crudi) non risulta pienamente credibile, al pari di alcune scene imbarazzanti (una su tutte: quella delle Brigate Rosse). E il doppiaggio, purtroppo, penalizza ulteriormente la pellicola. Tutte cose che naturalmente influiscono nel giudizio complessivo ma fortunatamente non affossano il film che rimane solido e interessante pur non brillando. Luci ed ombre, dunque, in Tutti i soldi del mondo, trainato principalmente, come abbiamo già evidenziato, dall’ottimo cast principale. Ruoli di secondo piano, invece, per alcuni attori italiani (Nicolas Vaporidis, Marco Leonardi, Giulio Base) mentre il francese Romain Duris interpreta uno dei rapitori calabresi, “Cinquanta”.


La ricostruzione storica, a parte qualche anacronismo, risulta ben fatta. Sia i costumi del premio Oscar Janty Yates (Il Gladiatore) che la fotografia desaturata ad opera di Dariusz Wolski (Pirati dei Caraibi, Sopravvissuto – The Martian) contribuiscono magistralmente al risultato. Segnaliamo anche le musiche del compositore britannico Daniel Pemberton (Gold - La grande truffa, Steve Jobs) che acuiscono il senso di angoscia di Tutti i soldi del mondo.

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