Tutti
i soldi del mondo è la ricostruzione di un fatto di
cronaca realmente accaduto e divenuto un caso mediatico internazionale: il
rapimento di Paul Getty III. Una storia mai raccontata prima sul grande schermo
(basata sul libro di John Pearson dal titolo The Outrageous Fortune and
Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty) che arriva al cinema il 4 gennaio con la firma di Ridley
Scott.
Roma, 1973. Alcuni uomini mascherati (appartenenti alla 'Ndrangheta) rapiscono un
ragazzo adolescente di nome Paul Getty III (Charlie Plummer), nipote del
magnate del petrolio Jean Paul Getty (Christopher Plummer), noto per essere
l’uomo più ricco al mondo e al tempo stesso il più avido. Il rapimento del
nipote preferito, infatti, non è per lui ragione sufficientemente valida per
rinunciare a parte delle sue fortune, tanto da costringere la madre del ragazzo
Gail (Michelle Williams) e l’uomo della sicurezza Fletcher Chace (Mark
Wahlberg) a una sfrenata corsa contro il tempo per raccogliere i soldi, pagare
il riscatto e riabbracciare finalmente il giovane Paul.
Una vicenda pubblica e privata che sconvolse il mondo per aver rivelato a tutti un’incredibile verità: che si può amare di più il denaro che la propria famiglia.
Al di là del suo valore cinematografico, l’analisi
di Tutti i soldi del mondo non può
assolutamente prescindere dalle polemiche per cui probabilmente passerà alla
storia, ovvero la sostituzione a tempo di record di Kevin Spacey (inizialmente
interprete di Jean Paul Getty, poi cancellato dal film in seguito alle accuse di molestie sessuali) con Christopher Plummer. Senza voler entrare
nel merito della vicenda dal punto di vista professionale ed etico, possiamo indubbiamente
affermare che Scott e Plummer hanno fatto un ottimo lavoro: in soli 9 giorni
sono state rigirate tutte le numerose sequenze che vedevano in scena il magnate del
petrolio, dando vita ad un prodotto
omogeneo e soprattutto regalandoci il miglior Getty possibile, grazie alla
superba e impeccabile interpretazione del premio Oscar Christopher Plummer (meritatamente
candidato al Golden Globe per questo ruolo), valore aggiunto del film. Non avendo
visto la prova di Spacey non possiamo certo fare un paragone, ma sottolineiamo
ancora una volta come Plummer sia stata la scelta assolutamente perfetta sia
per la sua fisicità che per la sua indubbia bravura.
Per il resto, Ridley Scott costruisce un film di
oltre due ore che al centro non ha tanto (o quantomeno, non solo) il rapimento
del ragazzo, o la lotta disperata della madre (una intensa e sempre ottima
Michelle Williams) per riportare a casa sano e salvo il figlio, quanto il peso
del denaro, l’amore smisurato per i soldi che diventa avido attaccamento al
punto da portare l’uomo più ricco del mondo a non voler pagare il riscatto per il
nipote, dicendo alla stampa: “Ho 14 nipoti, se pagassi mi ritroverei con 14
nipoti rapiti!”. Ecco perché il vecchio Getty e i suoi soldi pesano per tutto
il film come un macigno, anche quando l’uomo non è in scena. E quando c’è,
catalizza l’attenzione come un faro oscuro.
Nonostante la lunghezza forse eccessiva che a tratti
porta Tutti i soldi del mondo ad
aggrovigliarsi su scene piuttosto simili tra loro, il film si mostra scorrevole
e avvincente, non stanca e consente di appassionarsi alle vicende della
famiglia Getty, in particolare al percorso emotivo della madre, affiancata dal mediatore
Fletcher Chace (buona anche la prova di Mark Wahlberg in un ruolo più
impegnativo rispetto a quelli in cui lo vediamo solitamente) e soprattutto,
come dicevamo, porta a riflettere sul valore dei soldi, che spesso non danno la
felicità ma sono forieri di tragedie, come quelle che hanno costellato la vita
del giovane Getty, anche in seguito alle vicende del rapimento. Il suo
interprete, Charlie Plummer, è un ragazzo molto promettente, già lodato a
Venezia per il suo ruolo da protagonista in Lean
on Pete di Andrew Haigh.
Il difetto principale di Tutti i soldi del mondo, invece, visibile soprattutto all’occhio di
noi italiani, è l’abbondanza di cliché, stereotipi e luoghi comuni sull’Italia
degli anni ‘70. Lo sguardo di Scott è purtroppo il tipico sguardo americano nei
confronti del nostro paese. La gestione del sequestro (che non manca di
dettagli crudi) non risulta pienamente credibile, al pari di alcune scene imbarazzanti (una su tutte: quella delle
Brigate Rosse). E il doppiaggio, purtroppo, penalizza ulteriormente la
pellicola. Tutte cose che naturalmente influiscono nel giudizio complessivo ma
fortunatamente non affossano il film che rimane solido e interessante pur non
brillando. Luci ed ombre, dunque, in Tutti i soldi del mondo, trainato
principalmente, come abbiamo già evidenziato, dall’ottimo cast principale. Ruoli
di secondo piano, invece, per alcuni attori italiani (Nicolas Vaporidis, Marco
Leonardi, Giulio Base) mentre il francese Romain Duris interpreta uno dei rapitori
calabresi, “Cinquanta”.
La ricostruzione storica, a parte qualche
anacronismo, risulta ben fatta. Sia i costumi del premio Oscar Janty Yates (Il Gladiatore) che la fotografia desaturata
ad opera di Dariusz Wolski (Pirati dei
Caraibi, Sopravvissuto – The Martian) contribuiscono magistralmente al
risultato. Segnaliamo anche le musiche del compositore britannico Daniel
Pemberton (Gold - La grande truffa, Steve Jobs) che
acuiscono il senso di angoscia di Tutti i
soldi del mondo.
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