venerdì 13 maggio 2022

"La bicicletta e il Badile. In viaggio come Hermann Buhl" - Omaggio al celebre alpinista austriaco

 di Silvia Sottile


Sarà nei cinema italiani da martedì 17 maggio La bicicletta e il Badile. In viaggio come Hermann Buhl, un film di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina: omaggio al celebre alpinista austriaco e alle due ruote come mezzo per scoprire e avvicinare la montagna.


La bicicletta e il Badile, prodotto da Alberto Valtellina con il contributo di CAI, Club Alpino Italiano - Centro di Cinematografia e Cineteca e il sostegno del Comune di Tirano (Sondrio), è un racconto corale delle salite sul mitico Pizzo Badile, icona della Val Bregaglia, sul confine tra Italia e Svizzera. La narrazione si snoda attraverso il racconto del viaggio di Maurizio Panseri e Marco Cardullo, alpinisti e ciclisti, che decidono di ripercorrere l'itinerario che nel 1952 portò Hermann Buhl, in bicicletta, in un fine settimana, da Innsbruck alla parete nord-est del Badile, salito in prima solitaria attraverso la via Cassin, in circa quattro ore. L'alpinista italiano Riccardo Cassin aveva aperto la via nel 1937 in quattro giorni.

Buhl, che in seguito diventerà famoso per molte salite, tra cui la prima al Nanga Parbat in solitaria e al Broad Peak con Kurt Diemberger, il 4 luglio del ‘52 lascia Innsbruck in bici, risale la valle dell’Inn, dopo 150 km arriva alla base del Badile, la sale attraverso la via Cassin e poi scende, riprende la bici e torna a casa, per essere al lavoro il lunedì mattina. Un’impresa raccontata in poche asciutte pagine nella bellissima autobiografia È buio sul ghiacciaio.


Nell’estate del 2021 Panseri e Cardullo decidono che non ha più senso spostarsi in automobile per andare in montagna. Ripercorrono l'itinerario ciclistico e alpinistico di Buhl: se per lui la bicicletta era una necessità e l’unico mezzo che aveva a disposizione, per i due diventa il modo per ripensare lo sport e l’alpinismo in modo sostenibile. Sulla loro strada, incontrano le storie di chi negli anni ha amato quella montagna e sulle sue pareti ha "scritto" importanti capitoli della storia dell'alpinismo.

 


 

Renata Rossi, prima guida alpina donna italiana, che ha una storia alpinistica molto legata alle pareti del Badile; Guido Lisignoli, che decise di celebrare i cinquant'anni di due salite storiche, la via Gaiser-Lehmann al Cengalo e la via Cassin, percorrendo i due itinerari in concatenamento, da solo, slegato. Giuseppe "Popi" Miotti, autore a vent'anni della via sul Pilastro a Goccia, impressionante baluardo sul versante ovest del Badile. Dario Eynard e Gabriel Buda, giovanissimi alpinisti bergamaschi che raccontano la "loro" via Cassin, quando i rifugisti cercarono di fermarli temendo fossero troppo giovani per l'impresa. Tito Arosio e Rosa Morotti, che nel 2021 hanno aperto la via "Combolove", salendo la parete nord est del Badile su uno strato di ghiaccio instabile e sottile. Caterina Bassi e Martino Quintavalla, impegnati nell'agosto 2017 sulla difficile via Hiroshima sulla est del Badile: non si accorsero della frana da cinque milioni di metri cubi scesa dal monte Cengalo a poche centinaia di metri da loro. Riccardo Scotti del Servizio Glaciologico Lombardo analizza proprio la particolarità e la portata della frana, mentre Maurizio Panseri, tecnico forestale, osserva la rinascita della flora sul cono di frana: la natura si rinnova, impassibile.

Filo rosso è la testimonianza di Kriemhild Buhl, figlia di Hermann, che i registi incontrano a Ramsau. Oltre a ricordare le imprese del padre e la morte prematura, Kriemhild ne tratteggia la personalità attraverso ricordi d’infanzia profondi e commoventi. Si sofferma sulla mancanza del padre e il coraggio della madre, vedova a trent'anni con tre figlie piccole, dopo la tragica fine del marito sul monte Chogolisa. Spiegano i registi Maurizio Panseri e Alberto Valtellina: «Il desiderio di tornare nei luoghi che hanno visto Hermann Buhl passare quasi settant’anni fa, si colma di nuovi significati in una cornice di senso compiuta. Tornare con lo sguardo a cogliere i cambiamenti e la bellezza delle geografie alpine, in un flusso dove le riflessioni diventano ritmo dei pedali che girano, delle mani che arrampicano. Sul cammino, tra Italia, Svizzera e Austria, non mancano gli spunti visivi per meditazioni sul cambiamento: la grande frana di crollo della parete nord del Cengalo e la devastazione della Val Bondasca, il ritiro incessante dei ghiacciai nel gruppo del Bernina e dell’Ortles-Cevedale, la tragica frana della Val Pola; stimoli per scardinare una visione antropocentrica, cercando di ricollocare nella giusta proporzione i tempi dell’uomo e quelli geologici del pianeta».

 

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