venerdì 8 dicembre 2017

"Due sotto il burqa": divertente commedia francese contro l'integralismo

di Silvia Sottile




Si può ridere dell’integralismo religioso? Sì, secondo la poliedrica regista francese di origini iraniane Sou Abadi. 

Armand (Félix Moati) e Leila (Camélia Jordana) si amano e stanno pianificando di volare insieme a New York, ma pochi giorni prima della partenza, Mahmoud (William Lebghil), fratello di Leila, fa il suo ritorno da un lungo soggiorno in Yemen, un’esperienza che lo ha cambiato… radicalmente. Ai suoi occhi, ora, lo stile di vita della sorella è troppo moderno. L’unica soluzione è confinarla in casa e impedirle ogni contatto con il suo ragazzo. Ma Armand non ci sta e pur di liberare l’amata escogita un piano folle: indossare un burqa e spacciarsi per donna. Il suo nome d’arte? Shéhérazade. Quello che Armand non si aspetta è che la sua recita possa essere sin troppo convincente, al punto da attirargli le attenzioni amorose dello stesso Mahmoud…

Due sotto il burqa è una classica commedia degli equivoci, divertente e audace, in cui il travestimento e lo scambio di persona non sono solo fonte inesauribile di gag esilaranti, ma anche un modo di affrontare con leggerezza temi complessi, come quello dell’integralismo. Una commedia spassosa, intelligente e ironica, che, grazie a una scrittura pungente e mai offensiva e a un cast di giovani attori straordinari, trasmette con la forza del sorriso un messaggio universale di libertà e tolleranza, capace di commuovere e colpire al cuore.

Nelle nostre sale dal 6 dicembre con I Wonder Pictures.

Abbiamo avuto il piacere di incontrare la regista Sou Abadi in conferenza stampa. Ecco cosa ci ha raccontato:


Nella pellicola vediamo Mahmoud ascoltare musica. Ma gli integralisti islamici ascoltano musica?
Sì, gli estremisti ascoltano musica e anche i jihadisti ascoltano musica militante. Noi non avevamo però i diritti della musica militante, avremmo dovuto chiederli ad Hamas e non mi sentivo di farlo. Perciò l’ho riscritta io. Ovviamente attenendomi ai toni, con parole mie, e ha avuto successo. Addirittura la musica originale era ancora più danzante”.

Lei ha origini iraniane. Cosa c’è del suo passato in questo film?
Queste cose sono dentro di me. Si tratta di argomenti che mi abitavano. Da ragazzina ho vissuto la presa del potere da parte degli estremisti islamici in Iran con tutte le assurdità che si sono portati dietro, tipo le donne che dovevano coprirsi e non c'era nulla da ridere… ma io non volevo fare un film tragico, volevo che lo spettatore ridesse in maniera intelligente e non volevo descrivere l'orrore. Io in qualche modo sono fuggita da tutto quello accaduto allora e ora, per assurdo, mi ritrovo trent'anni dopo in Francia a ritrovare le stesse problematiche, come Ulisse. Qualcuno doveva parlarne! In Francia nessuno osa. Ho deciso di farlo io. La Radicalizzazione è stata affrontata finora in modo tragico, io ho deciso di farlo con i toni della commedia”.

Lei ha lavorato per anni su un progetto precedente che non è andato a buon fine… questo film è una sorta di riscatto?
Ho trascorso cinque anni a lavorare su un progetto di una spia israeliana che poi non è andato in porto. Sono stata due mesi in depressione e poi mi sono lanciata in questo film e ho deciso di non censurarmi più né nei film né  nella vita. Ho seguito il mio stile. Ho detto tutto quello che volevo ma in modo gentile ed educato”.

Come ha reagito la comunità musulmana a questo film?
La reazione della comunità musulmana è stata molto positiva. Abbiamo fatto tante anteprime in Francia e molti musulmani venivano ad abbracciarmi. Addirittura prima di andare a mangiare (era durante il ramadan) mi ringraziavano per aver saputo raccontare i musulmani in maniera gentile e senza il coltello in mano. Non è stato questo il caso della comunità integralista ed estremista che prima dell'uscita del film mi ha criticata e insultata ma dopo l'uscita non avevano appigli concreti per protestare”.



Lei racconta tutto l'Islam in un film. Con ironia ma senza offendere nessuno: un po’ come noi scherziamo con i Santi. Ci spiega anche la differenza tra sunniti e sciiti che noi occidentali non conosciamo. Cosa pensa faranno adesso gli estremisti?
Non so cosa faranno gli estremisti. Volevo che questo film fosse distribuito nei paesi arabi, cosa che purtroppo non è successa. Posso capire che non l’abbia preso l’Iran ma sono molto delusa che non l'abbiano preso la Tunisia, la Turchia e nessun festival arabo. Mi auguro che ci sia uno studio storico – antropologico sull'Islam come da noi è stato fatto con il cattolicesimo”.

Qual è il problema dell’Islam fondamentalista?
Non mi sento in grado di rispondere a questa domanda, al tempo stesso semplice e troppo complessa. Dico solo che ognuno dovrebbe avere buon senso. Sicuramente credere in qualcosa può aiutare nella vita quotidiana, può essere più facile piuttosto che per chi è atea come me”.

Per il personaggio della madre, si è ispirata a sua madre?
Il personaggio di Mitra (interpretato da Anne Alvaro), la madre di Armand,  racchiude mia madre, mio padre e me, tutti e tre insieme!”

Secondo lei una commedia può aiutare a placare gli animi?
Il mio intento era fare un tentativo di rimettere tutti insieme. Con educazione, rido un po’ di tante diverse sfaccettature, degli integralisti, dei comunisti, di tante altre categorie e anche di me stessa. E ognuno fa un passo verso l'altro”.

Da adesso abbandonerà definitivamente i documentari e si dedicherà solo ai film di finzione?
Anche se nella vita non si può essere definitivi, in questo momento al documentario non ci penso più. Perché i protagonisti dei documentari non ti lasciano nessuna libertà, devo essere fedele. Nei film di fiction invece posso essere libera. Aver fatto documentari comunque mi ha aiutato molto a fare questo film e ho già fatto due anni di ricerche per il prossimo film: sarà una commedia con veri momenti di tragedia perché sarà ambientata nell'Isis”.

Quali sono state le sue fonti di ispirazione?
Billy Wilder per primo, ‘A qualcuno piace caldo’. Poi tutti i film dove c'è un travestimento. Anche Tootsie, sì, ma il vero ispiratore è proprio Billy Wilder, anche per il ritmo”.

Cosa può dirci sul finale del film e sul messaggio che vuole dare?
Probabilmente il finale non è realistico. Quel personaggio si sarebbe potuto far saltare in aria con una cintura esplosiva, ma io ho voluto essere positiva con questo personaggio che amavo. Basta documentario! Questa è fiction e posso fare come voglio, anche un lieto fine irrealistico…
Ho ricevuto due lettere dopo l'uscita del film. Lettere di madri i cui figli si erano convertiti all’Isis ed erano partiti per l’Iraq, ecc... E una di queste madri ha riso e ha pianto per la morte del figlio kamikaze, scrivendomi: ‘vuol dire che mio figlio non ha conosciuto l’amore’. Queste lettere mi hanno molto commossa”.

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