mercoledì 19 marzo 2025

"A Different Man" - Una commedia grottesca che offre spunti di riflessione

 di Silvia Sottile


A Different Man, scritto e diretto da Aaron Schimberg, sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 20 marzo, distribuito da Lucky Red e Universal Pictures International Italy.

Il film è interpretato da un cast d’eccellenza: Sebastian Stan (che per questo ruolo ha ottenuto il Golden Globe come miglior attore in una commedia o musical e si è aggiudicato il premio come miglior attore al Festival di Berlino 2024, dove il film era in Concorso), Renate Reinsve (l’attrice norvegese che ha vinto la Palma d’Oro per la migliore interpretazione femminile a Cannes con La persona peggiore del mondo) e Adam Pearson (famoso conduttore televisivo e attivista affetto da neurofibromatosi di tipo 1). 

Edward (Sebastian Stan) è un aspirante attore con il viso e il corpo deformato, innamorato della sua vicina di casa (Renate Reinsve). Decide quindi di sottoporsi a un intervento medico sperimentale per trasformare drasticamente il suo aspetto e avere finalmente un volto affascinante, assumendo contemporaneamente una nuova identità. Ma quando incontrerà Oswald (Adam Pearson), anche lui nato con la malattia NF1 e che sembra rubargli la scena dentro e fuori dal palcoscenico, la sua nuova vita da sogno si trasformerà rapidamente in un incubo perché perde il ruolo che era nato per interpretare e diventa ossessionato dal desiderio di recuperare ciò che è stato perso.

Ambientato sullo sfondo di una New York quasi Alleniana e teso come un filo, senza un fotogramma sprecato, A Different Man evoca allo stesso tempo la sensazione instabile e vertiginosa di un incubo assurdo e sempre più oscuro, mentre l'intensa atmosfera rimanda a una miriade di film: dal classico dell'orrore Occhi senza volto di Georges Franju, alla parabola sul trapianto di faccia di Hiroshira Teshigahara Il volto di un'altro, dal cult The Elephant Man di David Lynch, a L’uomo senza volto di Mel Gibson.

Ma per quanto strizzi l'occhio ai suoi predecessori, A Different Man prende una direzione nuova e audace, analizzando a ritroso le radici del pregiudizio facciale, mentre il pubblico viene catturato dalla storia di Edward attraverso un'esplorazione della bellezza, dell'attrazione, del successo, delle facciate e della scivolosità di chi siamo veramente.




A Different Man è una commedia grottesca che mescola sapientemente vari generi, dal dramma al thriller psicologico, dalla satira venata di amarezza e umorismo nero, fino al più crudo e inquietante body horror. Offrendo al contempo profondi e interessantissimi spunti di riflessione.

Partendo dal tema dell’aspetto esteriore, in una società caratterizzata dall’eccessiva importanza dell’estetica, si entra nella psiche del protagonista che, pur mutando radicalmente il proprio volto, non riesce ad affiancarvi un più significativo cambiamento interiore nel modo di vivere e affrontare la vita. Anche il continuo gioco di specchi inserito magistralmente dal regista, sottolinea questa difficoltà nel vedersi a fondo e nell'accettare se stesso.

Con l’entrata in scena dell’estroverso personaggio di Oswald, che rappresenta tutto ciò che Edward non è mai riuscito ad essere (pur essendo fisicamente tanto simile al suo vecchio sé), la narrazione si arricchisce del tema del doppio e della maschera (sfruttando l'ambientazione teatrale), mentre si acuisce l’ossessione di Edward nei confronti di Oswald e di ciò che crede di aver perso, o meglio, che crede l’altro gli abbia rubato.

A Different Man è sicuramente un film molto particolare, a tratti disturbante e respingente, persino surreale, che eppure riesce, in meno di due ore, a darci una visione diversa e particolarmente incisiva su noi stessi, sulla nostra natura, sui risvolti psicologici dell’aspetto estetico, dei cambiamenti, dei presunti torti subiti. Il tutto prendendo spunto dai capisaldi del genere ma rielaborandolo in maniera curiosamente originale. Risulta ad esempio una scelta geniale l’utilizzo di un tono grottesco per un argomento tanto delicato, evitando così di cadere nei soliti e facili cliché.




Infatti la pellicola può apparire destabilizzante, non è mai ‘conforme’ alle aspettative, ma riesce perfettamente a farci empatizzare con il protagonista, a farci vivere la sua parabola dal suo punto di vista, con i suoi occhi.

Risultano quindi assolutamente fondamentali le ottime interpretazioni del cast, in particolare uno strabiliante, esuberante e carismatico Adam Pearson, quasi in overacting, come richiesto dal suo personaggio, e uno straordinario Sebastian Stan che – in contrapposizione – recita con un tono dimesso, quasi in sottrazione, lasciando tuttavia trapelare con forza la profonda devastazione interiore del suo personaggio. Una grande prova d’attore per l’interprete di Bucky Barnes nel Marvel Cinematic Universe, che quest’anno ha conquistato anche una nomination agli Oscar nei panni di Donald Trump in The Apprentice.

Il regista Aaron Schimberg ha creato con grande abilità un'atmosfera stravagante ma avvolgente, non solo grazie a una sceneggiatura brillante e impeccabile, ma anche utilizzando al meglio i vari elementi tecnici e produttivi: dalla colonna sonora ricca e ossessionante del compositore italiano Umberto Smerilli, alla fotografia in Super 16 millimetri di Wyatt Garfield che è riuscito a catturare la luce di un film girato interamente in esterni nell'East Village, nell'Upper West Side e in alcune zone di Brooklyn.





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