di Silvia Sottile
A Different Man, scritto e diretto da Aaron Schimberg, sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 20 marzo, distribuito da Lucky Red e Universal Pictures International Italy.
Il film è interpretato da un cast
d’eccellenza: Sebastian Stan (che per questo ruolo ha ottenuto il
Golden Globe come miglior attore in una commedia o musical e si è aggiudicato
il premio come miglior attore al Festival di Berlino 2024, dove il film era in
Concorso), Renate Reinsve (l’attrice norvegese che ha vinto la Palma
d’Oro per la migliore interpretazione femminile a Cannes con La persona
peggiore del mondo) e Adam Pearson (famoso conduttore televisivo
e attivista affetto da neurofibromatosi di tipo 1).
Edward (Sebastian Stan) è un aspirante attore con
il viso e il corpo deformato, innamorato della sua vicina di casa (Renate
Reinsve). Decide quindi di sottoporsi a un intervento medico
sperimentale per trasformare drasticamente il suo aspetto e avere
finalmente un volto affascinante, assumendo contemporaneamente una nuova identità. Ma quando incontrerà Oswald (Adam Pearson),
anche lui nato con la malattia NF1 e che sembra rubargli la scena dentro e
fuori dal palcoscenico, la sua nuova vita da sogno si trasformerà rapidamente
in un incubo perché perde il ruolo che era nato per interpretare e diventa
ossessionato dal desiderio di recuperare ciò che è stato perso.
Ambientato sullo sfondo di una New York quasi Alleniana
e teso come un filo, senza un fotogramma sprecato, A Different Man evoca allo
stesso tempo la sensazione instabile e vertiginosa di un incubo assurdo e
sempre più oscuro, mentre l'intensa atmosfera rimanda a una
miriade di film: dal classico dell'orrore Occhi senza volto di
Georges Franju, alla parabola sul trapianto di faccia di Hiroshira
Teshigahara Il volto di un'altro, dal cult The Elephant Man di
David Lynch, a L’uomo senza volto di Mel Gibson.
Ma per quanto strizzi l'occhio ai suoi
predecessori, A Different Man prende una direzione
nuova e audace, analizzando a ritroso le radici del
pregiudizio facciale, mentre il pubblico viene catturato dalla storia di Edward
attraverso un'esplorazione della bellezza, dell'attrazione, del successo, delle
facciate e della scivolosità di chi siamo veramente.
A Different Man è
una commedia grottesca che mescola sapientemente vari generi, dal dramma al
thriller psicologico, dalla satira venata di amarezza e umorismo nero, fino al
più crudo e inquietante body horror. Offrendo al contempo profondi e
interessantissimi spunti di riflessione.
Partendo dal tema dell’aspetto esteriore, in una
società caratterizzata dall’eccessiva importanza dell’estetica, si entra nella
psiche del protagonista che, pur mutando radicalmente il proprio volto, non
riesce ad affiancarvi un più significativo cambiamento interiore nel modo di
vivere e affrontare la vita. Anche il continuo gioco di specchi inserito
magistralmente dal regista, sottolinea questa difficoltà nel vedersi a fondo e nell'accettare se stesso.
Con l’entrata in scena dell’estroverso personaggio di Oswald,
che rappresenta tutto ciò che Edward non è mai riuscito ad essere (pur
essendo fisicamente tanto simile al suo vecchio sé), la narrazione si arricchisce
del tema del doppio e della maschera (sfruttando l'ambientazione teatrale), mentre si acuisce l’ossessione di Edward
nei confronti di Oswald e di ciò che crede di aver perso, o meglio, che crede l’altro
gli abbia rubato.
A Different Man
è sicuramente un film molto particolare, a tratti disturbante e respingente, persino
surreale, che eppure riesce, in meno di due ore, a darci una visione diversa e
particolarmente incisiva su noi stessi, sulla nostra natura, sui risvolti
psicologici dell’aspetto estetico, dei cambiamenti, dei presunti torti subiti. Il
tutto prendendo spunto dai capisaldi del genere ma rielaborandolo in maniera
curiosamente originale. Risulta ad esempio una scelta geniale l’utilizzo di un
tono grottesco per un argomento tanto delicato, evitando così di cadere nei
soliti e facili cliché.
Infatti la pellicola può apparire destabilizzante, non
è mai ‘conforme’ alle aspettative, ma riesce perfettamente a farci empatizzare
con il protagonista, a farci vivere la sua parabola dal suo punto di vista, con
i suoi occhi.
Risultano quindi assolutamente fondamentali le ottime interpretazioni
del cast, in particolare uno strabiliante, esuberante e carismatico Adam
Pearson, quasi in overacting, come richiesto dal suo personaggio, e uno
straordinario Sebastian Stan che – in contrapposizione – recita con un tono
dimesso, quasi in sottrazione, lasciando tuttavia trapelare con forza la
profonda devastazione interiore del suo personaggio. Una grande prova d’attore
per l’interprete di Bucky Barnes nel Marvel Cinematic Universe, che quest’anno
ha conquistato anche una nomination agli Oscar nei panni di Donald Trump in The Apprentice.
Il regista Aaron Schimberg ha creato con grande
abilità un'atmosfera stravagante ma avvolgente, non solo grazie a una
sceneggiatura brillante e impeccabile, ma anche utilizzando al meglio i vari
elementi tecnici e produttivi: dalla colonna sonora ricca e ossessionante del
compositore italiano Umberto Smerilli, alla fotografia in Super 16
millimetri di Wyatt Garfield che è riuscito a catturare la luce di un film
girato interamente in esterni nell'East Village, nell'Upper West Side e
in alcune zone di Brooklyn.
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