martedì 27 giugno 2017

"L'infanzia di un capo": infanzia e dittatura in un film sorprendente

di Alberto Leali




Dintorni di Parigi. La vita e l'educazione del piccolo Prescott (Tom Sweet), figlio di un consigliere del presidente americano Wilson che lavora alla definizione del trattato di Versailles (Liam Cunningham) e di una madre austera e religiosa (Bérénice Bejo). Di lì a poco, l'avvento terribile del fascismo.

L'attore Brady Corbet, alla sua prima regia, rivisita con molte licenze l’ultimo dei cinque racconti de Il muro di Jean-Paul Sartre, L’infanzia di un capo, e il romanzo Il Mago di John Fowles. Ne vien fuori un film potentissimo e cupo, inquietante e fascinoso, figlio (e sicuramente debitore) di un certo cinema mitteleuropeo, da Haneke a Von Trier.


Il contesto storico è quello francese, reduce dal primo conflitto mondiale, dove il giovanissimo Prescott, interpretato sorprendentemente da Tom Sweet, tramite tre "capricci", che rappresentano non solo gli atti di cui è composto il film, ma anche i suoi momenti di ribellione all'educazione familiare, manifesta i segnali della sua ferocia e prende coscienza, un po' alla volta, del potere che riesce a esercitare sugli altri.

Un film visivamente ed espressivamente esaltante, che utilizza l'illuminazione naturale e il singolare formato 1,66:1 per costruire un incubo pittorico di candele ed ombre, immergendoci in un'atmosfera inquieta in cui serpeggia irrefrenabile la tragedia.


Ci sono la desolante freddezza della campagna francese in inverno, i casali contadini fatti di legno, i cieli plumbei, le foreste schiaccianti... Ci sono una regia efficacissima nei sinuosi movimenti di macchina e un uso insistito della steady cam, che segue il piccolo protagonista mentre si muove, temibile, negli spazi dell'enorme casa in cui per la maggior parte si svolge la vicenda. Uno stile da film dell’orrore più che da dramma storico in costume, che tiene desta l'attenzione e costruisce una tensione tangibile, che sfocia in alcune sequenze di scioccante efficacia. 

Chiaramente l'associazione, nemmeno più di tanto implicita, tra la repressa ferocia di Prescott e l’orrore adulto e Storico che da essa nascerà viene suggerita e poi gradualmente esplicitata, fino al finale un po' telefonato alla Bertolucci (Il conformista) o alla Haneke (Il nastro bianco).


Splendida e fondamentale alla resa filmica la titanica colonna sonora di Scott Walker, che eleva l’angoscia e l’inquietudine della vicenda. Bérénice Bejo è perfetta nel ruolo di madre fredda, rigida e infelice, che alterna parti recitate in francese a parti in inglese.

Ci sono voluti due anni per vedere questo bel film sul grande schermo, ma ne è valsa sicuramente la pena. Nelle nostre sale dal 29 giugno.

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