lunedì 5 giugno 2017

"Una Vita - Une Vie": Brizé adatta Maupassant

di Silvia Sottile




Tratto dal primo romanzo di Guy de Maupassant, Una Vita – Une Vie racconta l’esistenza di Jeanne (Judith Chemla), una giovane aristocratica appena uscita da un collegio religioso della Normandia nel 1819, che possiede un’indole infantile e una visione del mondo pura e innocente. Jeanne sposa l’affascinante Visconte locale, Julien de Lamare (Swann Arlaud) ma l’uomo si rivela il più infedele dei mariti condannando Jeanne all’infelicità, lontana dalle aspettative maturate durante l’adolescenza. L’unica consolazione per la donna è il figlio Paul che, però, crescendo, si rivelerà dissoluto come il padre e più interessato al denaro che agli affetti, dando a Jeanne l'ennesima delusione in una vita funestata dal dolore. Nel cast anche Jean-Pierre Darroussin e Yolande Moreau (i genitori di Jeanne).

Per il regista Stéphane Brizé (La legge del mercato, che valse il premio come miglior attore a Vincent Lindon al Festival di Cannes 2016) “per essere fedeli a un romanzo bisogna tradirlo: la struttura narrativa di un film è diversa da quella di un romanzo”. Sono state quindi necessarie alcune modifiche a livello narrativo ma il cambiamento principale riguarda proprio la struttura drammaturgica con l’applicazione del punto di vista di un solo personaggio, Jeanne. La storia scorre dunque non in maniera lineare ma i circa trent’anni  del racconto vengono narrati attraverso vari flashback seguendo sempre le emozioni di Jeanne. 



Brizé ci confessa in sede di conferenza stampa che questa intuizione gli è venuta dopo aver girato La legge del mercato con cui  Una Vita ha una forte connessione: “entrambi i personaggi, malgrado situazioni sociali ed epoche storiche diverse vivono ciascuno il momento della fine dell'illusione. Noi oggi stiamo vivendo in un momento storico che è la definitiva fine dell’illusione”.

La straordinaria Judith Chemla è dunque sempre in scena, senza scampo, e regala un’intensa interpretazione di Jeanne: “una donna che non ha voluto elaborare il lutto della perdita dell’infanzia, non ha saputo affrontare la vita mantenendo una sorta di idealismo, e quindi ha vissuto in maniera drammatica. Mi ha commosso molto, a livello personale, che la tragedia nasce nei luoghi della bellezza. Il desiderio di fare questo film è nato dalla voglia di arrivare alla frase finale del film e del romanzo senza tradirne i valori: la vita non è mai bella o brutta come la si immagina”.



La protagonista sembra quasi in trappola e la forte sensazione claustrofobica che vive si riflette sullo spettatore, acuita dalla scelta del formato 1.33, ovvero un’inquadratura quasi quadrata, “che rende il senso di costrizione che vive la protagonista e crea una cornice di contenimento per Jeanne, come un box, dal quale è impossibile fuggire. Un modo per suggerire alcune cose che non possono essere dette e per orientare lo sguardo, rendendo il senso di reclusione in cui si trova”. Anche l’uso della camera a mano per le riprese ha una sua funzione che è quella di “esprimere i battiti della vita interiore di Jeanne”.

La colonna sonora (ad opera di Olivier Baumont), composta principalmente dal pianoforte e da tutti i suoni della natura, non è stereofonica "proprio per dare l’impressione che il suono venga dal punto esatto in cui lo percepisce Jeanne". Splendidi i paesaggi (grazie alla fotografia di Antoine Héberlé), meravigliosa la natura ritratta nel corso di ogni stagione lungo gli anni della vita di Jeanne, eppure questa bellezza  stride con la sofferenza interiore della protagonista e con l’atmosfera cupa e gotica che caratterizza la pellicola, a tratti affine ad Emily Bronte. 


Il regista francese sottolinea che “l’opera di Maupassant è atemporale e universale. I suoi personaggi non sono rappresentativi dei loro tempi. Descrivendoceli nel privato sono scollegati dal mondo in cui vivono ma diventano attuali in tutte le epoche. Non infatti è un film sulla situazione femminile del diciannovesimo secolo ma parla del suo sentire, del suo aspetto intimistico”. 

Una Vita – Une Vie, vincitore del Premio Fipresci alla 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato presentato in concorso,  racconta dunque il dolore e le sofferenze di una donna nel corso della sua intera esistenza, una vita caratterizzata da un processo continuo di disillusione. Si tratta di un film realizzato in maniera impeccabile, che trasmette profondamente tutte le emozioni  vissute dalla protagonista, ma la pesantezza del dramma e la lentezza del ritmo con cui è narrato, non lo rendono adatto a tutti. 

Nelle nostre sale dal 1° giugno con Academy Two: solo 20 copie ma tutte in lingua originale con sottotitoli. 

 Stéphane Brizé (Copyright foto © Silvia Sottile)

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