mercoledì 21 giugno 2017

"Transformers 5 - L'ultimo Cavaliere"

di Roberto Puntato



Transformers: L'ultimo cavaliere, quinto episodio della serie campione di incassi, serve a gettare le basi per i film a venire, volendo segnare una nuova direzione per l'ormai celebre franchise, all'ultima regia del veterano Michael Bay. Quasi impossibile, e forse superfluo, raccontarne la trama, che in estrema sintesi vede il Cade Yeager di Mark Wahlberg combattere al fianco degli Autobot, di un Lord inglese (Anthony Hopkins) e di una professoressa di storia (Laura Haddock) contro il temibile Optimus Prime e i suoi piani apocalittici per il Pianeta Terra. 

Ci troviamo di fronte a un mix di azione sfrenata e rocambolesca e di effetti speciali da lasciare a bocca aperta, per un'esperienza visiva sicuramente suggestiva, anche per chi non è un fan del genere o della serie. Incuriosisce in questo quinto capitolo la mistura, che arriva a sfiorare il surreale, di mitologia bretone (Re Artù, Merlino e i Cavalieri, che rievocano a loro volta un'altra antica leggenda) e di vicende umane e robotiche “contemporanee”. 


Gli esiti sono ovviamente strampalati da un punto di vista narrativo, ma Michael Bay se ne infischia della linearità e della coerenza e procede dritto nell'imbastire il suo mega-spettacolo, sfornando scene di azione che raggiungono vette forse mai toccate prima (rese ancora più eccitanti dall'Imax 3D). Certo, ci sono anche momenti di grande noia, dovuti soprattutto (ed è questo il problema principale di questo capitolo) ad una durata impropria e spropositata, che fa perdere interesse a una trama già di per sé un bel po' raffazzonata e frammentaria. Ci si perde così fra un numero troppo elevato di personaggi che poi vengono abbandonati per strada (vedasi la Izabella di Isabela Moner) e fra dinamiche narrative complicate, poco interessanti e spesso superflue, per poi risvegliarsi immediatamente quando in scena entra l'azione più pura. 


Transformers: L'ultimo cavaliere va visto, infatti, per le straordinarie coreografie dei combattimenti, sicuramente le più belle che Bay abbia finora realizzato, a dimostrazione del fatto che il regista statunitense senta il bisogno di fare sempre di più dei già scatenati capitoli precedenti. È per questo che il suo cinema o lo si ama o lo si odia. Ma se ci si abbandona allo spettacolo visivo, possibilmente anche evitando di ascoltare i dialoghi, e sorvolando sugli eccessi di rallenty e sul montaggio impazzito, non si può che rimanere inghiottiti dal suo eccitante tripudio di ritmo e dinamismo. 

Dal 22 giugno al cinema.

Nessun commento:

Posta un commento