domenica 12 agosto 2018

"La vera storia di Olli Mäki": intervista al regista Juho Kuosmanen

by redazione



Estate 1962, Olli Mäki (Jarkko Lahti) ha la possibilità di  vincere  il  titolo  mondiale  di  pugilato    nella    categoria    pesi    piuma. Dalla campagna finlandese alle  intense  luci  di  Helsinki,  tutto  è  stato  preparato  per  consegnarlo  alla  fama  e  al  successo.  Olli  deve  solo  limitarsi  a  perdere  peso  e  a  concentrarsi.  Ma  c’è  un  problema:  si è innamorato di Raija.

La vera storia di Olli Mäki, primo lungometraggio del regista finlandese Juho Kuosmanen, sarà nelle nostre sale dal 16 agosto, distribuito da Movies Inspired.


Note di regia

Il  tono  generale  di  La  vera  storia  di  Olli  Mäki  è  leggero.  Benché sia la storia di una crisi esistenziale e della ricerca di sé, è  fondamentale  che  il  racconto  non  sguazzi  nel  fango,  ma  che  invece voli come un aquilone. La fortuna del mio film di diploma, The  painting  sellers,  mi  ha  messo  in  una  situazione  piuttosto  angosciante. Dopo aver vinto il primo premio alla selezione della Cinéfondation al Cannes Film Festival e dopo che mi fu promesso, come parte del premio, che il mio primo lungometraggio sarebbe stato presentato in prima mondiale nella selezione ufficiale di Cannes, in Finlandia sono stato definito un “promettente giovane regista”. Ricordo che stavo seduto alla scrivania a farfugliare e a pensare che cosa avessi promesso di preciso e a chi. Ovviamente ero anche molto lusingato, ma, col passare del tempo, ho iniziato a sentirmi sempre più in ansia sapendo che c’erano delle persone là fuori, persone che nemmeno conoscevo, che si aspettavano da me cose che non ero preparato a fare. Mi ero messo in testa l’idea di dover prima di tutto soddisfare delle aspettative che iniziavo ad avvertire sotto pelle. Alla fine sono riuscito a capire che il peso di continuare a soddisfare gli spettatori era tutto nella mia testa, e comunque la verità era che la mia creatività e la mia capacità di entusiasmarmi nel fare cinema avevano toccato il fondo. L’idea di La vera storia di Olli Mäki è stata un sollievo a questa situazione di angoscia. Il film si ispira a una storia vera e Olli Mäki è ancora oggi un pugile finlandese molto conosciuto. All’inizio della sua carriera  da  professionista,  Olli  ebbe  l’occasione  di  sfidare  il campione in carica dei pesi piuma dell’epoca, l’americano Davey Moore.  Ma  poi,  di  fronte  a  uno  stadio  pieno,  perse  l’incontro  in  modo umiliante al secondo round. In seguito Olli Mäki disse che era stato il più bel giorno della sua vita. (Juho Kuosmanen)

INTERVISTA AL REGISTA JUHO KUOSMANEN

Quando sei venuto a conoscenza della storia della sconfitta di Olli Mäki per il titolo mondiale e della storia d’amore iniziata con Raija mentre si allenava? Che cosa ti ha spinto a farne un film?

Era  il  2011,  avevo  incontrato  Olli  e  Raija  a  Kokkola.  Olli  adesso  è  gravemente  malato  di  Alzheimer,  ma  ricorda  ancora  le  sue  vecchie  imprese.  Mi  ha  raccontato  del  suo  incontro  per  il  titolo  disputatosi nel 1962 e, quando ha finito la sua storia, mi ha detto: “È stato il più bel giorno della mia vita”. Il suo volto sorridente mi ha costretto a domandargli, incredulo: “Come mai?”. È stato in  quel  momento  che  mi  ha  detto  che  lui  e  Raija,  proprio  quel  giorno, avevano acquistato insieme gli anelli di fidanzamento. Ho pensato che fosse una bella storia, ma un po’ troppo classica per essere raccontata di nuovo. Con il passare delle settimane, però, la storia di Olli mi è rimasta in testa. Perché aveva comprato gli anelli proprio quel giorno? Io di pugilato sapevo poco, ma mi era comunque evidente che, se ti stai preparando a un incontro per il  titolo  mondiale,  ti  devi  dedicare  completamente  all’incontro.  Comprare  gli  anelli  di  fidanzamento  proprio  quel  giorno  mi sembrava   una   cosa   assolutamente   proibita.   Poi,   quando   ho   cominciato  ad  approfondire  la  storia  di  Olli,  mi  sono  reso  conto  che  era  piena  di  bellissimi  dettagli  e  di  una  complessità  che  la  trasformava  da  fatto  banale  a  qualcosa  di  speciale.  L’arte  è  nei  dettagli, ho sentito dire. Presto ho capito che la storia di Olli non era solo quella di una sconfitta nell’incontro e di una vittoria in amore. Non era proprio questione di vincere o perdere, bensì di trovare  la  tua  strada  verso  la  felicità,  indipendentemente  dalle  aspettative  altrui.  L’incontro  e  la  partecipazione  di  Olli  erano  in  un  certo  senso  uno  scontro  di  visioni  del  mondo:  un  comunista  finlandese  di  provincia  messo  sotto  pressione  per  diventare famoso nella macchina dello spettacolo americano.

Nell’immaginario popolare, Olli Mäki è considerato un eroe nazionale o il simbolo di un fallimento della nazione?

Se  non  è  un  eroe  nazionale,  è  quantomeno  un  eroe  della  classe  lavoratrice. In generale lui è decisamente considerato come uno dei migliori pugili mai usciti dalla Finlandia. Dopo la sua sconfitta con Davey Moore, Olli Mäki ha continuato a fare pugilato fino al 1973. Ha conquistato il titolo europeo nel 1964, quindi ha vinto tanti incontri, e ha lasciato un’eredità che ha in parte spazzato via dalla coscienza nazionale il ricordo di questa pesante sconfitta del 1962. Alcuni dicono che Olli Mäki non era abbastanza ambizioso e che non aveva la personalità giusta per diventare un grande pugile. Dicono  che  era  una  persona  troppo  gentile,  troppo  un  ‘bravo  ragazzo’.  Un  esempio  di  ciò  che  gli  ha  fatto  guadagnare  questa  reputazione è che Olli non ha mai cercato di mandare al tappeto i suoi avversari. Pensava che non ci fosse una buona ragione, se gli sembrava di aver ormai vinto l’incontro. Perciò a volte le stesse cose che fanno di te una brava persona non sono le stesse che ti consentono di raggiungere la vetta nel tuo sport.

Che rapporto hai oggi con il vero Olli Mäki? Ha avuto un ruolo nel film?

Ho  incontrato  Olli  e  Raija  alcune  volte.  Purtroppo  Olli  è  molto  malato,  al  punto  che  non  è  pienamente  al  corrente  del  film. Raija  è  una  persona  meravigliosa  e  ci  è  stata  di  grande  aiuto.  Durante le riprese sono venuti a trovarci alcune volte e si vedono nel film, nell’ultima scena. I veri Olli e Raija incrociano i nostri personaggi e la finta Raija si domanda: “Pensi che diventeremo come loro?”; “Vuoi dire vecchi?”; “Sì, e felici”. “Certo che sì”, dice Olli, interpretato da Jarkko Lahti.

Per quale ragione e quando hai deciso di girare il film, ambientato nel 1962, in bianco e nero e in 16mm?

Due  mesi  prima  delle  riprese.  Abbiamo  testato  molti  supporti  diversi, sia in pellicola che in digitale, ma era questo, il Kodak Tri-X, che aveva la grana giusta. Si tratta di una pellicola reversibile in bianco e nero, un supporto molto particolare. Non era solo l’aspetto, bensì la sensazione che produce. Tutto quello che giri con questa pellicola  assume  un  tono  tipico  dei  primi  anni  Sessanta.  Dopo  aver  guardato  i  provini,  è  stata  una  decisione  facile.  Sentivamo  che, con questo supporto, il film avrebbe ricondotto il pubblico agli anni Sessanta e non sarebbe stato necessario sottolineare il periodo storico con dettagli di oggetti tipici dell’epoca, automobili o acconciature. Abbiamo dovuto ordinare tutta la pellicola ancora presente in Europa e poi tutta quella che c’era negli Stati Uniti, e poi la Kodak ne ha dovuta produrre dell’altra. Non credo che sia una pellicola pensata per i lungometraggi. Negli anni Sessanta e Settanta veniva utilizzata per i cinegiornali.

Perché l’incontro per il titolo, e il pugilato in generale, occupano un posto così limitato nel film?

Volevamo concentrarci sugli aspetti nascosti. Il film racconta più il backstage che il ring. Volevo mostrare il pugilato come parte della vita di tutti i giorni e non trasformarlo in qualcosa di simbolico o di più importante delle altre scene. Va a braccetto con l’argomento del film. Inoltre, quando ti rendi conto che Rocky 7 è stato girato nello  stesso  periodo,  puoi  star  certo  che  loro  si  concentreranno  sulle scene di combattimento, quindi tu sei libero di dedicarti agli sguardi  tra  i  personaggi  e  alle  scene  in  cui  vola  l’aquilone.  Ho  visto tantissimi film di pugilato e alcuni di essi mi hanno quasi spinto a cambiare l’argomento del mio film, ma ne ho visti anche di belli. Insieme al mio direttore della fotografia abbiamo visto classici  del  Cinema  Vérité  anni  Sessanta  e  sono  loro  a  essere diventati il nostro principale riferimento visivo.Pensi che a volte l’industria cinematografica assomigli a quella del pugilato professionista?Assolutamente sì. Maggiore è il budget di cui hai bisogno, più sono le mani che devi stringere. Penso che una delle ragioni per cui ci sono tanti film di pugilato è che le due industrie si assomigliano. Ovviamente il pugilato è uno sport molto cinematografico, ma in quanto regista è molto facile calarti nei panni del protagonista. In fondo sei solo sul ring e c’è sempre la possibilità di prendere un sacco di botte. Non è possibile dirigere qualcosa che non capisci. Io non so molto di pugilato, ma mi è stato facile comprendere il nostro  protagonista  nelle  situazioni  in  cui  si  trovava.  Mi  ci  sono  trovato  anche  io,  a  stringere  mani  e  a  promettere  cose  che  non  avrei dovuto promettere. Secondo me questo film parla tanto di regia quanto di pugilato. Sentivo che con questo approccio sarebbe stato  facile  rendere  le  stesse  emozioni  che  io  provavo  in  quanto  regista. E mi dava la possibilità di avere uno sguardo più ampio e  di  sorridere  di  fronte  alla  mia  crisi  esistenziale.  Ma  questo  è  solo il mio punto di vista, non è qualcosa di nascosto nel film che gli  spettatori  devono  scoprire.  Spero  che  ognuno  possa  fare  le  proprie riflessioni


Qui il trailer:




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