venerdì 31 marzo 2017

“Ghost in the Shell” e l’immaginario cyberpunk

di Silvia Sottile




Ghost in the Shell, diretto da Rupert Sanders, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo manga di ambientazione cyberpunk  del fumettista giapponese Masamune Shirow (1989) da cui era già stato tratto un bellissimo anime datato 1995. Questa nuova versione hollywoodiana in live action, attesissima ma allo stesso tempo temuta dagli appassionati del fumetto originale, è stata accompagnata da alcune critiche (rivelatesi sterili, in fin dei conti, dato che la trama giustifica pienamente la decisione presa) relative alla scelta della protagonista: la bella Scarlett Johansson, ovvero una donna occidentale anziché asiatica. 



In un futuro non troppo lontano, in cui gli esseri umani convivono con i cyborg e tutti sono connessi ed esposti al rischio di virus informatici, il Maggiore Mira Killian Kusanagi (Scarlett Johansson), un ibrido tra cyborg e umano unico nel suo genere – il suo cervello umano è stato impiantato in un corpo robotico creato appositamente per lei – è alla guida di un reparto speciale delle forze di pubblica sicurezza, la sezione numero 9, gestita dalla Hanka Robotics, che si occupa di antiterrorismo cibernetico. Quando il Maggiore si trova a dover affrontare un pericolosissimo hacker pronto a tutto pur di sabotare la Hanka Robotics, emerge una terribile verità sul suo passato che la porterà a cercare di scoprire ad ogni costo il mistero legato alla sua stessa esistenza.
 


Il punto centrale di Ghost in the Shell è proprio la dicotomia tra il corpo, un involucro che può anche essere meccanico, e l’anima, che custodisce i ricordi e la memoria di chi sei realmente. Argomento ben sviluppato nella pellicola che dunque non tradisce il materiale di partenza, anche se lo semplifica notevolmente per renderlo facilmente fruibile da parte del grande pubblico.  

La scelta della Johansson, come dicevamo, si è rivelata convincente. L’attrice, col suo fascino esotico e la sua sensualità, ma anche forte della sua esperienza in ruoli action,  si mostra credibile nel ruolo e decisamente in parte. Nel cast segnaliamo anche Pilou Asbæk, Michael Pitt, il premio Oscar Juliette Binoche e il grande regista giapponese Takeshi Kitano, che dà un valore aggiunto al film con la sua partecipazione, seppur breve. Sua la battuta cult della pellicola: “mai mandare un coniglio ad uccidere una volpe”.


Il pregio maggiore di Ghost in the Shell è costituito indubbiamente dall’aspetto visivo, grazie ad una strabiliante ricostruzione scenografica futuristica, in cui lo spettatore sembra immergersi completamente. Esteticamente impeccabile, la pellicola vanta anche numerose (ma non eccessive) scene d’azione ben coreografate e un ottimo 3D. Anche la colonna sonora, particolarmente dinamica, si rivela perfetta per un action fantascientifico.

Ghost in the Shell, nelle nostre sale dal 30 marzo, è una buona rivisitazione dell’immaginario cyberpunk che mantiene il fascino del materiale originario, adattandolo al pubblico occidentale. La trama è semplice ma avvincente, c’è spazio per l’azione ma anche per riflettere sul tema della connessione (e dei rischi che comporta) e sul significato dell’anima.  

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