mercoledì 26 ottobre 2016

“American Pastoral”: la fine del sogno americano



di Silvia Sottile


American Pastoral è la trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Philip Roth, vincitore del Premio Pulitzer nel 1997. Questo film, presentato in anteprima mondiale come preapertura della Festa del Cinema di Roma, segna l'esordio alla regia per Ewan McGregor, che è anche il protagonista della pellicola.



Seymour Levov, detto "Lo Svedese" (McGregor) sembra aver avuto tutto dalla vita ed incarna il perfetto Sogno Americano del dopoguerra tra successi professionali e gioie familiari. Alto, bello, atletico e ricco, ha sposato l’ex Miss New Jersey (Jennifer Connelly) e rilevato l’azienda di famiglia. Il suo mondo va in frantumi quando la figlia (Dakota Fanning), ormai adolescente, compie un attacco terroristico che provoca una vittima. Com’è possibile che una tragedia di queste proporzioni sia accaduta proprio allo Svedese? Dove ha sbagliato? Il dramma prende il via proprio quando Levov si rende conto di non conoscere la figlia, ormai in fuga dalla giustizia, e trascorre il resto della sua vita a cercare di ritrovarla. Nel cast anche David Strathairn (Coppa Volpi per  la sua interpretazione in Good Night, and Good Luck), Uzo Aduba e Rupert Evans.


Indubbiamente il materiale di partenza era già di suo molto complesso e particolarmente difficile da trasporre sul grande schermo. Ciò denota sicuramente una certa ambizione da parte del regista nel lavorare a questo progetto, soprattutto considerando che si tratta, come abbiamo detto, della sua opera prima. 

Se il romanzo capolavoro di Roth, un caposaldo della letteratura americana, lungo ben quattrocento pagine, analizzava a fondo i problemi politici e sociali dell’America degli anni ’60 e ’70 da cui emerge un quadro desolante (il terrorismo interno, l’aggressività  politicizzata contro il sistema costituito e in particolare contro la guerra in Vietnam), la pellicola di McGregor li lascia sullo sfondo per assumere un contorno più intimistico e concentrarsi in particolare sul rapporto padre-figlia e sull’incomprensione reciproca tra due generazioni profondamente diverse.


 L’argomento è comunque interessante ma la realizzazione purtroppo non è all’altezza. Il regista, probabilmente a causa della sua inesperienza, non riesce a cogliere la complessità del materiale di partenza, onestamente poco aiutato dalla sceneggiatura di John Romano. Inoltre anche il semplice dramma familiare che vediamo sullo schermo manca di quel pathos e di quell’autenticità necessari a rendere coinvolgente e toccante una tragedia di tale portata. Tutto sembra filtrato da una patina di perfezionismo formale (attori belli, costumi impeccabili, fotografia perfetta, trama lineare e senza sussulti) a scapito delle emozioni, che non riescono ad arrivare allo spettatore. 


Fortunatamente a salvare American Pastoral ci pensa il cast, grazie a scelte che si sono rivelate tutte azzeccate: McGregor  riesce ad esprimere i sentimenti dello Svedese anche solo con l’espressione dello sguardo, bravissime sia la Connelly che la Fanning, ormai molto più che una giovane promessa.

Nelle nostre sale dal 20 ottobre.

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