di Valerio Brandi
Nell’universo, in una delle galassie lontane lontane dal nostro pianeta, c’è anche il mondo dove risiedono gli Yautja, una razza aliena di guerrieri predatori che vivono solo per combattere e cacciare. In uno dei clan più potenti c’è il protagonista di questa storia, Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi).
Costui, oltre ad essere ancora molto
giovane, è considerato fin troppo debole per essere
uno Yautja. L’unico che crede un minimo in lui è suo fratello Kwei (Mike Homik), il
quale sacrifica tutto per concedergli una
possibilità. Dek riesce a partire per il pianeta Genna per
tentare di uccidere il Kalisk, un alieno talmente forte da
essere temuto perfino da suo padre (interpretato sempre
da Dimitrius Schuster-Koloamatangi). Una missione che sembra
appunto impossibile. Forse la sola determinazione di Dek non sarà
sufficiente. Avrà senz’altro bisogno di aiuto: del resto, anche un grande
predatore come il lupo ha bisogno di un branco...
Da quando Disney ha acquistato la FOX nel
2019, ha accolto davvero tanti alieni nella sua scuderia. Non parliamo
solo di franchise che con la storia classica della Disney non c’entrano
minimamente, ma anche di veri e propri mondi audiovisivi con
protagonisti degli extraterrestri.
Ad esempio l’universo di Alien
ma anche quello di Predator, che tornano a riunirsi in questo lungometraggio diretto da Dan
Trachtenberg, anni dopo Alien vs
Predator 2 (2007). Per ora è solo un piccolo assaggio: sul
pianeta Genna è solamente presente la Weyland-Yutani Corporation, compagnia
protagonista sin dal primo Alien e che in
questa occasione ha costruito gli umani sintetici (con Elle Fanning
interprete sia di Thia che di Tessa) incaricati anche loro di
cacciare il Kalisk.
Per il resto, Predator:
Badlands riprende molto sia l’estetica che alcuni elementi degli ultimi
film di Star Wars e Avatar prodotti dalla Casa di
Topolino.
Abbiamo una base umana su Genna come su Pandora, e la
piccola Bud è un compagno di viaggio che ricorda un po’ il Baby
Yoda Grogu, ma anche l’esuberanza del Woola di John
Carter. Siamo di fronte a un buddy movie tipicamente Disneyano,
il classico canovaccio dell’avventuriero solitario che è costretto ad
accollarsi un compagno di viaggio chiacchierone e un animaletto affettuoso ma
anche molto combattivo. Molto variegata poi la popolazione indigena di Genna,
con mostriciattoli che rimandano un po' a Monster
Hunter di Paul W. S. Anderson, King
Kong di Peter Jackson ma anche dei vermi giganti, stile Dune e Tremors.
Di certo non si può accusare stavolta la Disney di
poca originalità, perché Predators:
Badlands, in base a quanto abbiamo detto finora, si è differenziato
parecchio dalle sceneggiature dei precedenti capitoli cinematografici, in cui
era sempre l’antagonista e mai il protagonista.
Ma al tempo stesso queste sono caratteristiche fin
troppo Disneyane per un franchise così ben definito come quello di Predator. Inoltre ci sono decisamente
meno sangue e violenza in favore di molti più dialoghi e momenti avventurosi.
Il pubblico affezionato a questo universo - ma anche quello generalista - sarà
in grado di accettare questi cambiamenti?
Lo sapremo da giovedì 6 novembre 2025, quando Predator: Badlands sarà al
cinema, distribuito da The Walt Disney Company Italia. La versione
italiana, oltre ad essere distribuita un giorno prima rispetto agli Stati Uniti,
è anch’essa molto particolare, perché Predator:
Badlands è un film quasi del tutto in lingua... aliena!
La maggior parte dei dialoghi sono sottotitolati
perché a parlare sono gli Yautja con una lingua
inventata appositamente per loro ma, dato che i sintetici sono stati
creati dagli esseri umani, loro parlano appunto le lingue della nostra
Terra.
Così nella nostra versione le due “sorelle” hanno
entrambe la voce di Margherita De Risi, e gli altri pochi dialoghi che sentiamo
durante il lungometraggio appartengono a Guendalina Ward (voce del Computer
Madre) e ad Andrea Di Maggio ed Emanuele Ruzza (gli altri sintetici
di sesso maschile). Doppiaggio italiano diretto da Francesco Venditti e con i
dialoghi di Fiamma Izzo presso la Pumaisdue. Simona Romeo si è
occupata dell’assistenza al doppiaggio, Matteo Flandina è stato il fonico
mentre il film è stato mixato dallo
studio Shepperton International.




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