giovedì 4 aprile 2024

"Omen - L'origine del Presagio" - La nascita dell'Anticristo

 di Aida Picone


Tra i recuperi di vecchie saghe cinematografiche, ultimamente si assiste a un continuo rilancio di diversi franchise così da poter usare un solido titolo per costruire qualcosa di nuovo. Dal 4 aprile, infatti, arriva nelle sale italiane il film 20th Century Studios Omen – L’origine del presagio, prequel diretto dell’horror Il Presagio del 1976 che riporta in auge le dinamiche bibliche che annunciano l’arrivo dell’Anticristo.

I cult della cultura horror, quindi, vengono rimescolati ancora una volta per cercare di portare delle novità. Una strategia che ha sempre meno successo, ma che in questo caso tiene ben saldi e presenti gli elementi che hanno reso interessanti i suoi predecessori. Omen – L’origine del presagio (titolo originale: The First Omen), sotto la regia di Arkasha Stevenson, riesce a strutturare una storia che si aggrappa agli archetipi più classici dell’orrore, riuscendo a creare un racconto che parla di maternità e di corpo femminile sotto un aspetto del tutto nuovo.

Il consiglio che diamo allo spettatore che conosce già la saga è quello di surclassare il tentato remake del 2006 (Omen – Il presagio) e di concentrarsi principalmente su ciò che questa uscita riesce a trasporre sul grande schermo. 

 


 

Il Presagio (The Omen) di Richard Donner, che piaccia o meno, è uno dei capostipiti del genere orrorifico e gore, le sue scene sono considerate ancora oggi iconiche esattamente come il suo cast (primo fra tutti Gregory Peck). I suoi sequel hanno aggiunto colore e dettagli alla storia di Damien, ma in Omen – L’origine del presagio vediamo come è stato generato e da chi è stato così fortemente voluto.

Siamo a Roma, nel 1971, in un’Italia in pieno tumulto studentesco. La Città Eterna, quindi, diviene manifesto di quella perdita di valori morali ed etici per cui la cristianità tanto sembra essersi battuta. L’arrivo di suor Margaret (Nell Tiger Free) in convento porta con sé un’ondata di novità ma allo stesso tempo insinua dei dubbi nella fede della donna. Lei, che non ha conosciuto altro se non la vita clericale, lentamente si trova faccia a faccia con un mondo di piccole opportunità anche se sono difficili da poter cogliere.

Il tutto, quindi, si incastra perfettamente con quelli che erano i principi narrativi da cui partiva la storia di Damien. Non una sciacalla, ma una donna prescelta e concepita per portare sulla propria pelle il marchio della bestia. Senza considerare quanto fervida possa essere la sua immaginazione e quanto reale possa essere ciò che vede. 

 


 

Da qui si può tranquillamente aprire una lunga riflessione sul simbolismo portato in scena. Come dicevamo all’inizio: si parla di fede, di maternità e di corpo femminile. La credibilità di una donna, il suo mettersi in dubbio, tutto viene ribadito con maggior fervore nel momento in cui si avvicina il tanto agognato istante della nascita di Damien. Chi è che avrà l’onere di portare dentro di sé l’Anticristo? Chi è destinato, in questo perverso modo, a creare il terrore e l’orrore nell’umanità per poter ripristinare il potere della Chiesa?

Roma diviene il luogo perfetto in cui far muovere i diversi personaggi e le diverse diramazioni della storia. La costruzione narrativa, in questo modo, manifesta la sua piena consapevolezza sul cinema di genere. Non aspettatevi i classici jump scare che stanno caratterizzando l’horror degli ultimi anni, quanto un terrore sottile e silenzioso che si muove più sulle corde del thriller. Un vero e proprio film giallo all’italiana ben saldo nei suoi aspetti più gore.

I riferimenti col passato, in questo modo, vengono resi sia visivamente che attraverso alcuni dialoghi tra i personaggi. I cultori della saga si potranno divertire a coglierne ogni singolo aspetto. Il tutto è strettamente coniugato a un sapiente uso della macchina da presa e a un’ottima costruzione scenica. Il film è proprio visivamente bello da guardare: atmosfere e composizione forniscono dei dettagli che arricchiscono la complessità della lettura dell’opera.

Arkasha Stevenson ha dimostrato rispetto per ciò che stava trattando e anche la giusta conoscenza del potenziale che poteva esprimere. Se questa regista continuerà a muoversi sui film di genere, sarà sicuramente da tenere sotto controllo perché potenzialmente in grado di regalare delle piccole gioie per gli occhi. 

 


 

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