lunedì 10 novembre 2025

Incontro con Robert De Niro per "C'era una volta in America"

 di Silvia Sottile

Foto di Silvia Sottile

Alice nella Città ha celebrato il talento e la carriera del leggendario Robert De Niro con un evento aperto ai giovani e alle scuole di cinema: la proiezione speciale introdotta dallo stesso attore insieme a Walter Veltroni di C’era una volta in America, capolavoro da lui interpretato e diretto da Sergio Leone nel 1984, distribuito da Lucky Red assieme a Leone Film Group, in versione 4K.

L’evento, tenutosi il 7 novembre al The Space Cinema Moderno, ha chiuso ufficialmente il Fuori Sala, format ideato da Alice nella città, realizzato con il sostegno dell’Assessorato ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e il I Municipio, il sostegno della Fondazione Roma & Partners e con la partecipazione dell’Associazione Via Veneto e delle associazioni di quartiere.  

Ecco cosa ci ha raccontato Robert De Niro nell’interessante chiacchierata con Walter Veltroni.

Walter Veltroni: Vorrei iniziare non con una domanda ma con una affermazione. Ci conosciamo con Bob da 20 anni circa, è una cosa che avrei voluto dirgli in altre circostanze ma avevo un ruolo istituzionale, invece adesso lo posso fare: stasera voi ragazzi avete l’opportunità di incontrare il più grande attore della storia del cinema contemporaneo. Invece la domanda è questa: che ricordi hai di C’era una volta in America? Di quando girasti a Roma?

Robert De Niro: “Ho lavorato a questo film per circa un anno, forse anche un po’ di più. Devo dire che la percezione che avevo (non so, forse mi sbaglio) è che questo film, che per Sergio era veramente un atto d’amore, era un qualcosa che lui fondamentalmente dentro di sé non volesse completare. Parlando di questo film ci eravamo incontrati molti anni prima. Lui inizialmente pensava di realizzarlo con Gérard Depardieu. Ci eravamo incontrati a metà degli anni ’70 e poi abbiamo iniziato a lavorarci realmente nel 1980-81. Mi ricordo che scherzavo con me stesso e con qualcun altro intorno a me, soprattutto verso la fine del film quando Sergio stava cercando di trovare un modo giusto per presentare New York, dicendo che secondo me, in base a una mia percezione, lui non volesse portare a compimento questo film. Aveva quasi il desiderio di non staccarsene, di non lasciarlo andare. Si prova un po’ questa sensazione agrodolce quando si gira un film. Nel senso che hai trascorso tanto tempo sia col resto del cast che con la troupe, tanti giorni insieme a lavorare e poi arriva il momento di dividersi e magari queste persone poi non le vedrai più nel corso della tua vita. La sensazione che avevo era che Sergio non volesse veramente chiudere il cerchio, ultimare questo sforzo, questo lavoro. Poi finalmente ha trovato quelli che secondo lui erano gli ingredienti giusti per chiudere il film. Ha trovato la soluzione che stava cercando per presentare New York. Abbiamo fatto le riprese in una stazione della metropolitana dove si vedevano dei graffiti che avevano iniziato ad apparire qualche anno prima come modalità di espressione. Era estremamente importante per il film, dopo una lunga assenza del protagonista, ripresentare la città in questo modo”.


Foto di Silvia Sottile

Il film, che tutti conosciamo, ha una doppia caratteristica. È questa meravigliosa storia epica ed è una sequenza di incredibili dettagli. Il suono del telefono che attraversa il tempo, il rumore di un cucchiaino che gira dentro una tazzina… Che regista era Sergio Leone?

Mi piaceva moltissimo perché aveva un profondissimo senso dell’umorismo. Era molto simpatico. Non aveva né ostentava nessuna pretesa di apparire diversamente da quello che era. Era un regista che stava cercando di fare quello che amava, di realizzare il film che voleva realizzare da tantissimi anni. Era fantastico, semplicemente fantastico”.

C’era una scuola elementare a Roma in cui c’erano nella stessa classe Sergio Leone ed Ennio Morricone. Doveva essere una classe con una brava maestra. La musica di Morricone per questo film è straordinaria. Morricone ha scritto la musica per diversi tuoi film, non solo C’era una volta in America. Quanto pesa la musica di Ennio Morricone in questo film?

Io ho avuto la grande fortuna di recitare in 4 film per cui Ennio Morricone ha scritto le musiche. Era veramente una persona speciale, non saprei come altro definirlo. Speciale. Un grandissimo, fantastico compositore, veramente unico. Una persona unica. Ho avuto la grandissima fortuna di recitare in 4 film la cui musica è stata scritta da lui”.

Nei giorni del Covid, in cui eravamo tutti chiusi in casa, a un certo punto su un terrazzo di Piazza Navona, un ragazzo cominciò a suonare il tema di C’era una volta in America e in qualche modo è diventata la colonna sonora del dolore e della speranza di quei giorni. Io consegnai a Bob il Passaporto, è cittadino italiano e noi siamo molto orgogliosi di averlo come connazionale. Il suo rapporto con l’Italia è un rapporto speciale. Ti vengono in mente 5 film italiani che per te sono stati importanti?

Soprattutto da ragazzo il cinema di Fellini, Antonioni, Pasolini e molti altri registi i cui nomi in questo momento mi sfuggono… Ma sicuramente tantissimi film e registi italiani a cui guardavo con ammirazione e che ho amato moltissimo!”.


Foto di Silvia Sottile

Alcuni dei tuoi film più importanti (Il Cacciatore, Novecento, C’era una volta in America), sono film lunghi, che hanno una dimensione epica. Si riesce ancora a fare negli Stati Uniti del cinema con queste caratteristiche?

Io credo che qualcosa si faccia. Per esempio c’è questo film di Paul Thomas Anderson (Una battaglia dopo l’altra) che io ancora non ho visto, mi dicono che è lungo circa tre ore ma lo voglio vedere e cercherò di farlo. Sicuramente questo tipo di film viene ancora realizzato anche se ovviamente dipende. Alcuni vengono realizzati per lo streaming, per essere poi fatti vedere suddivisi per episodi (8, 10, 12 episodi). Io ne ho fatto uno, che si intitolava Zero Day. È stata un’esperienza bella e interessante però è un modo diverso di raccontare le storie. Perché viene raccontata per capitoli. Mentre il film tradizionale ha un altro approccio. Viene raccontato tutto insieme in sequenza. Comunque è ancora possibile che vengano realizzati da quei registi che ancora oggi li fanno come ad esempio Martin Scorsese. Non so cosa farà adesso ma potrebbe essere che un altro dei suoi film sarà lungo ed epico”.

Ultima domanda. Il suo film si intitola C’era una volta in America. Ora cosa c’è in America?

Che Dio ci Aiuti! Non so neanche se posso continuare ad usare la parola speranza, a sperare che si possa ottenere qualcosa, giustizia. Io credo, e lo ripeto, bisogna respingere, bisogna reagire, così come si sta iniziando a fare, per esempio con le elezioni a New York o in Virginia, o anche in California, sia col Governatore, sia con l’aver potuto riconquistare 5 seggi all’interno del Senato. Questo è molto importante. Come dicevo e come ripeto, bisogna respingere quello che sta accadendo, bisogna reagire, bisogna rispondere. Non si può lasciare che questa amministrazione ci bullizzi. Credo sia fondamentale rispondere e reagire, fare qualcosa, perché questo non è il nostro paese. Vogliamo che ci venga restituito il nostro paese. Non vogliamo che questo paese venga trasformato, come sta succedendo, in una dittatura fascista”.

Speriamo di ritrovare l’America fatta da persone come Robert De Niro.


Foto di Silvia Sottile


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