giovedì 18 ottobre 2018

#UnescoMovie – Young Black Stallion (2003)


di Diletta Nicastro



Young Black Stallion (The Young Black Stallion) è un film breve prodotto dalla Walt Disney nel 2003 (dura appena 49 minuti) tratto dall’omonimo libro scritto da Walter Farley a quattro mani con il figlio Steven.

Quello che colpisce di questo film (che racconta la nascita e i primi anni di Black Stallion, personaggio ideato da Farley nel 1941 come omaggio al campione Man o’War) è la magnifica fotografia curata dall’americano Reed Smoot. Forse nome poco noto ai più, è un maestro delle riprese dei documentari (ha diretto la fotografia, tra l’altro, di Gerusalemme – La città santa narrato da Benedict Cumberbatch e Mysteries of Egypt con Omar Sharif), oltre ad essere uno specialista dell’IMAX Cinema (tecnologia nella quale si avventurava per la prima volta la Disney).

Le riprese nel deserto (la maggior parte del film) sono talmente spettacolari (è evidente l’esperienza documentaristica della fotografia) che il primo istinto che si ha, una volta concluso di vederlo, è scoprire dove è stato girato. Nel mio indagare non mi stupisco di scoprire che si tratta del Deserto della Namibia, Patrimonio dell’Umanità dal 2013 (dieci anni dopo le riprese del film).


Sebbene i cavalli siano tutti arabi ed originari della Namibia (anche se il film effettivamente si svolge in un luogo non precisato del nord Africa) per l’addestramento per le scene del film è stata chiamata la Harris Entertainment dall’Australia, maestra indiscussa nel campo. In Namibia sono giunti sia Heath Harris che Krissy Harris (ex cavallerizza della squadra australiana di equitazione ai Mondiali del 1998) che ha fatto anche da controfigura alla protagonista.

Per tutta la lavorazione del film, i cavalli sono stati controllati e seguiti nei loro spostamenti. Di base gli animali dormivano a Walvis Bay (ex Sud Africa) e trasportati quotidianamente in loco in ogni confort. Tra il cavallo che interpretava Black Stallion e la giovanissima Neera (Biana Tamimi, alla sua prima ed unica interpretazione) si è creato da subito un ottimo rapporto e sono state possibili le meravigliose scene di intesa tra i due nel cuore del deserto, nel corso del loro viaggio verso casa durato giorni.


La Tamimi arrivò in Namibia assieme alla madre, dopo un’audizione lampo. La giovane attrice, infatti, fu scritturata quasi immediatamente dopo che un suo amico inviò alla Disney un suo filmato mentre cavalcava (la Tamimi è salita per la prima volta su un cavallo quando aveva quattro anni) e i produttori rimasero impressionati dalla sua bravura e dal suo aspetto (per metà palestinese e per metà messicano era l’ideale per il personaggio che stavano cercando).

Magnifica la scena della corsa finale, che tiene con il fiato sospeso anche per la spettacolarità della location. Non più le dune dell’inizio del film, ma colline rocciose e inselbergs (su di uno si arrampicano i cavalli con maestria e fatica poco prima del rush finale).


Ecco la motivazione per cui il Deserto della Namibia è nel Patrimonio Naturale dell’Unesco dal 2013:

“Il Deserto della Namibia è l’unico deserto costale al mondo ed ha al suo interno numerose dune forgiate dalla nebbia. Con un’estensione di più di tre milioni di ettari ed una buffer zone di 899.500 ettari, il sito è il sito è composto da due sistemi di dune, una antica semi-consolidata e l’altra più giovane e attiva. Le dune del deserto sono formate dal trasporto di materiali a migliaia di chilometri dall’entroterra, trasportati dal fiume, dalla corrente oceanica e dal vento. Il deserto è caratterizzato da pianure di ghiaia, appartamenti costieri, colline rocciose, inselbergs all’interno del mare di sabbia, una laguna costiera e fiumi effimeri, dando vita a un paesaggio di eccezionale bellezza. La nebbia è la fonte primaria di acqua nel sito, che rappresenta un ambiente unico nel quale invertebrati endemici, rettili e mammiferi si adattano a una varietà mutevole di microhabitat e nicchie ecologiche”.


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