di Diletta Nicastro
Young
Black Stallion (The
Young Black Stallion) è un film breve prodotto dalla Walt Disney nel 2003
(dura appena 49 minuti) tratto dall’omonimo libro scritto da Walter Farley a
quattro mani con il figlio Steven.
Quello che colpisce di questo film (che racconta la
nascita e i primi anni di Black Stallion, personaggio ideato da Farley nel 1941
come omaggio al campione Man o’War) è
la magnifica fotografia curata dall’americano Reed Smoot. Forse nome poco noto
ai più, è un maestro delle riprese dei documentari (ha diretto la fotografia,
tra l’altro, di Gerusalemme – La città
santa narrato da Benedict Cumberbatch e Mysteries
of Egypt con Omar Sharif), oltre ad essere uno specialista dell’IMAX Cinema
(tecnologia nella quale si avventurava per la prima volta la Disney).
Le riprese nel deserto (la maggior parte del film)
sono talmente spettacolari (è evidente l’esperienza documentaristica della
fotografia) che il primo istinto che si ha, una volta concluso di vederlo, è
scoprire dove è stato girato. Nel mio indagare non mi stupisco di scoprire che
si tratta del Deserto della Namibia, Patrimonio dell’Umanità dal 2013 (dieci
anni dopo le riprese del film).
Sebbene i cavalli siano tutti arabi ed originari
della Namibia (anche se il film effettivamente si svolge in un luogo non
precisato del nord Africa) per l’addestramento per le scene del film è stata
chiamata la Harris Entertainment dall’Australia, maestra indiscussa nel campo.
In Namibia sono giunti sia Heath Harris che Krissy Harris (ex cavallerizza
della squadra australiana di equitazione ai Mondiali del 1998) che ha fatto
anche da controfigura alla protagonista.
Per tutta la lavorazione del film, i cavalli sono
stati controllati e seguiti nei loro spostamenti. Di base gli animali dormivano
a Walvis Bay (ex Sud Africa) e trasportati quotidianamente in loco in ogni
confort. Tra il cavallo che interpretava Black Stallion e la giovanissima Neera
(Biana Tamimi, alla sua prima ed unica interpretazione) si è creato da subito
un ottimo rapporto e sono state possibili le meravigliose scene di intesa tra i
due nel cuore del deserto, nel corso del loro viaggio verso casa durato giorni.
La Tamimi arrivò in Namibia assieme alla madre, dopo
un’audizione lampo. La giovane attrice, infatti, fu scritturata quasi
immediatamente dopo che un suo amico inviò alla Disney un suo filmato mentre
cavalcava (la Tamimi è salita per la prima volta su un cavallo quando aveva
quattro anni) e i produttori rimasero impressionati dalla sua bravura e dal suo
aspetto (per metà palestinese e per metà messicano era l’ideale per il
personaggio che stavano cercando).
Magnifica la scena della corsa finale, che tiene con
il fiato sospeso anche per la spettacolarità della location. Non più le dune
dell’inizio del film, ma colline rocciose e inselbergs (su di uno si
arrampicano i cavalli con maestria e fatica poco prima del rush finale).
Ecco la motivazione per cui il Deserto della Namibia
è nel Patrimonio Naturale dell’Unesco dal 2013:
“Il
Deserto della Namibia è l’unico deserto costale al mondo ed ha al suo interno
numerose dune forgiate dalla nebbia. Con un’estensione di più di tre milioni di
ettari ed una buffer zone di 899.500 ettari, il sito è il sito è composto da
due sistemi di dune, una antica semi-consolidata e l’altra più giovane e
attiva. Le dune del deserto sono formate dal trasporto di materiali a migliaia
di chilometri dall’entroterra, trasportati dal fiume, dalla corrente oceanica e
dal vento. Il deserto è caratterizzato da pianure di ghiaia, appartamenti
costieri, colline rocciose, inselbergs all’interno del mare di sabbia, una
laguna costiera e fiumi effimeri, dando vita a un paesaggio di eccezionale
bellezza. La nebbia è la fonte primaria di acqua nel sito, che rappresenta un
ambiente unico nel quale invertebrati endemici, rettili e mammiferi si adattano
a una varietà mutevole di microhabitat e nicchie ecologiche”.
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