Questa settimana #UnescoMovie omaggia il Patrimonio
Immateriale, dopo che la scorsa settimana l’Unesco ha fatto entrare moltissime
nuove tradizioni in Lista (inclusa quella della costruzione dei muretti a
secco, candidatura portata avanti da sette Paesi, inclusa l’Italia). Tra queste
vi è anche la musica reggae giamaicana, la cui iscrizione è stata festeggiata
in aula con la delegazione giamaicana che al momento della dichiarazione
ufficiale si è alzata in piedi ed ha cantato One love di Bob Marley, coinvolgendo presto tutti i presenti.
Per questa occasione speciale, quindi, vogliamo
parlare del documentario Marley (2012),
diretto dallo scozzese Kevin MacDonald (premio Oscar per il miglior
documentario nel 2000 con Un giorno a
settembre, incentrato sul sequestro e l’uccisione di 11 atleti israeliani
durante le Olimpiadi di Monaco nel 1972).
Il film racconta la vita di Bob Marley (1945-1981),
vera e propria icona della musica reggae giamaicana ed è l’unico documentario
sulla vita del musicista realizzato con non solo l’autorizzazione ma anche la
collaborazione della famiglia. Infatti molti filmati inediti sono stati dati
dalla famiglia, che ha anche partecipato con interviste e ricordi.
Ovviamente nel film (distribuito in Italia dalla
Lucky Red per un solo giorno, il 26 giugno 2012), oltre che la vita, il credo
politico e spirituale di Marley, fa da padrone la musica, la vera linfa
dell’artista. Nel corso della pellicola (lunga 2 ore e 20 minuti) vengono fatte ascoltare 66 canzoni di Marley
e il film stesso è stato anticipato dall’uscita di un cd che ne contiene 24 (inclusa
la registrazione di Jamming cantata
da Bob Marley al One Love Peace Concert e mai precedentemente inserita in
nessuna raccolta).
All’epoca dell’uscita, Kevin MacDonald ha raccontato
a XL il suo impatto con la musica di
Marley: “Mi ricordo quando a 13 anni ho
scoperto la sua musica ascoltando l’album Uprising. Non capivo bene tutto il suo mondo, tanto meno la sua fede, ma le
canzoni di quel disco mi regalavano gioia, mi facevano stare bene. Ero colpito
da quel ritmo così particolare. Marley interpretava canzoni che parlavano
direttamente alle persone. Erano anche gioiose e liberatorie. Ascoltarle mi
rendeva felice. Forse perché ero un adolescente, però ancora oggi mi fanno
quell’effetto. Credo che siano state la sua sincerità e la sua purezza le
qualità che lo hanno reso così popolare. È per questo che a distanza di tanto
tempo dalla sua scomparsa, Marley e la sua musica continuano a colpire un così
grande numero di persone in tutto il mondo”.
Ecco la motivazione per cui la musica reggae è
entrata nel Patrimonio Immateriale dell’Unesco dal 2018:
“Nata
in uno spazio culturale che ospitava gruppi emarginati, principalmente nella
Kingston occidentale, la musica reggae della Giamaica è un amalgama di numerose
influenze musicali, incluse le prime forme giamaicane, nonché i ceppi
caraibici, nordamericani e latini. Col tempo furono incorporati gli stili
neo-africani, l’anima, il ritmo e il blues del Nord America, trasformando
gradualmente Ska in Rock Steady e poi in Reggae. Mentre nel suo stato
embrionale la musica reggae era la voce degli emarginati, la musica è ora
riprodotta e abbracciata da un’ampia sezione trasversale della società,
compresi vari generi, gruppi etnici e religiosi. Il suo contributo al discorso
internazionale su questioni di ingiustizia, resistenza, amore e umanità
sottolinea la sua dinamica come cerebrale, socio-politico, sensuale e
spirituale. Le funzioni sociali di base della musica – come veicolo per il
commento sociale, una pratica catartica e un mezzo per lodare Dio – non sono
cambiate e la musica continua ad agire come una voce per tutti. Agli studenti
viene insegnato come suonare la musica nelle scuole dalla prima infanzia fino
al livello terziario, e i festival e i concerti del Reggae come Reggae Sumfest
e Reggae Salute offrono sbocchi annuali, oltre a un’opportunità di sottofondo e
trasmissione per artisti, musicisti e altri artisti imminenti praticanti”.
Qui il trailer ufficiale:
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