venerdì 26 marzo 2021

#UnescoMovie 58 – La pista degli elefanti

 di Diletta Nicastro

 

Una piccola ricerca sugli animali. Uno studio sui carnivori e gli erbivori. Il fascino del pericoloso leopardo e dell’allegro delfino. E la spiegazione che anche gli elefanti, pur essendo erbivori, possono essere pericolosi per gli esseri umani. Per spiegarlo ecco che torna alla mente un vecchio film che non passano in tv da secoli: La pista degli elefanti (Elephant Walk, 1954) di William Dieterle, con Elizabeth Taylor, Dana Andrews, Peter Finch.

Si tratta di un film bellissimo, che si svolge subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il piantatore di tè coloniale John Wiley (Peter Finch), in visita in Inghilterra, sposa Ruth (Elizabeth Taylor) e la porta presso la sua piantagione nell’isola di Ceylon (ora Sri Lanka), l’Elephant Walk Bungalow, costruita dal padre, ormai morto, deliberatamente lungo il percorso di migrazione utilizzato da un branco di elefanti per raggiungere una fonte d’acqua. Gli elefanti continuano a tentare di utilizzare il loro antico percorso, ma sono tenuti fuori dalle mura e dagli sforzi difensivi dei servi.

Ruth alla piantagione è in grande difficoltà, schiacciata dal ricordo dal passato ‘Governatore’ e pressata dall’astio manifestato da tutti i servitori. Il tutto condito dai passi minacciosi degli elefanti che vogliono riappropriarsi della loro pista…

 


Il film è stato girato in location nell’isola di Ceylon, toccando ben due proprietà Unesco.

Ma per descrivere queste riprese è bene raccontare un particolare molto importante. Il regista Dieterle, infatti, voleva per il film la coppia Laurence Olivier (per la parte di John Wiley) e Vivien Leigh (per quella di Ruth), sposati anche nella vista vera. Olivier, tuttavia, dovette rinunciare subito perché impegnato altrove. Vivien Leigh, viceversa, accettò e volò con la troupe nell’isola di Ceylon per iniziare le riprese. Il contratto prevedeva, infatti, che le scene on location avrebbero preceduto quelle degli interni negli studios hollywoodiani.

Oltre alla piantagione e alla casa coloniale, vi sono state due location dalla bellezza mozzafiato: le rovine del tempio di Kiri Vihara nell’antica città di Polonnaruwa (dove si reca in visita Ruth assieme a Dick Carver – Dana Andrews) e la Roccia di Sigiriya, nel cuore della foresta (dove un certo numero di elefanti entrava in un fossato, per raggiungere attraverso di esso, la tenuta).

 


Poi accadde quello che non ci si aspettava.

Vivien Leigh ebbe dei gravi problemi di salute, aggravati dal clima tropicale dell’isola.

Proprio dopo la scena alla Roccia di Sigiriya l’attrice iniziò a stare sempre peggio, venendo assalita anche da allucinazioni. La Paramount la invitò a lasciare l’isola per un periodo di riposo, ma le sue condizioni peggiorarono anziché migliorare e la produzione fu costretta a scritturare Elizabeth Taylor.

La produzione, tuttavia, non poteva permettersi di tornare sul luogo perché altrimenti sarebbero saliti vertiginosamente i costi, e quindi per le scene da lontano furono tenute le riprese con Vivien Leigh (di cui si riconosce la silhouette), mentre da vicino si è usato il green screen, facendo perdere molta autenticità al film (e facendo comunque salire le spese previste per la produzione).

 


Alla fine il film venne a costare 3 milioni di dollari e riuscì a guadagnarne altrettanti al box office, ma rimane il rammarico di quello che non si è potuto ammirare (come la scena in cui Ruth – Vivien Leigh veniva sedotta e circondata da un cobra, irripetibile negli studios e quindi tagliata).

 

La motivazione per cui l’antica citta di Polonnaruwa è nel Patrimonio culturale dal 1982.

“Polonnaruwa è stata la seconda capitale dello Sri Lanka dopo la distruzione di Anuradhapura nel 993. Comprende, oltre ai monumenti brahmanici costruiti dai Cholas, le rovine monumentali della favolosa città giardino creata da Parakramabahu I nel XII secolo”.

 

La motivazione per cui l’antica città di Sigiriya è nel Patrimonio culturale dal 1982:

“Le rovine della capitale costruita dal re parricida Kassapa I (477–95) si trovano sui ripidi pendii e sulla sommità di un picco di granito alto circa 180 m (la ‘Roccia del Leone’, che domina la giungla da tutti i lati). Una serie di gallerie e scale che emergono dalla bocca di un gigantesco leone costruito con mattoni e intonaco forniscono l’accesso al sito”.






 



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