martedì 16 aprile 2019

#UnescoMovie 43 – "Jesus Christ Superstar" (1973)

di Diletta Nicastro




Siamo entrati nella Settimana Santa e, come l’anno scorso, abbiamo scelto per #UnescoMovie di questa settimana un film che ci avvicinasse alla Pasqua. Se nella primavera passata abbiamo parlato de La passione di Cristo di Mel Gibson che ha lanciato definitivamente Matera (attuale capitale Unesco della cultura) come location biblica per eccellenza, quest’anno abbiamo scelto un altro film molto discusso dedicato sempre agli ultimi giorni di Gesù: Jesus Christ Superstar (1973).

Sebbene molti nella storia del cinema siano i film o film tv ispirati ai vangeli, moltissimi non sono stati girati in location: Il Re dei Re (1961) di Nicholas Ray, per esempio, è stato interamente ripreso in Spagna, La più grande storia mai raccontata (1965) di George Stevens mostra Arizona, Utah e Nevada o Gesù di Nazareth (1977) di Franco Zeffirelli ha viaggiato tra Tunisia, Marocco e Messico.

Jesus Christ Superstar, viceversa, è andato in Israele perché il regista Norman Jewison (Il caso Thomas Crown, Stregata dalla luna) voleva mostrare “solo quello che il deserto palestinese aveva da offrire: una manciata di rovine romane e una regione selvaggia di fantastiche montagne increspate, incomparabilmente più grandiose e molto più ispiranti di qualsiasi scenografia mai sognata ad Hollywood”, come scrisse all’epoca il sacerdote Desmond Forristal nell’articolo Stage and Screen per The Furrow, pubblicazione mensile cattolica edita in Irlanda. 


Tra queste location israeliane vi è anche una proprietà Unesco: le Caverne di Beit Guvrin, entrate nel Patrimonio dell’Umanità nel 2014.

Jesus Christ Superstar è un’opera rock interamente cantata, con libretto scritto dagli allora giovanissimi (e praticamente sconosciuti) Tim Rice e Andrew Lloyd Webber (che in seguito avrebbero scritto insieme, tra gli altri, Evita e Il mago di Oz, e che avrebbero collezionato 4 Oscar in 2). La seconda e la terza canzone (What’s The Buzz? e Strange Thing Mystifying) sono cantante all’interno della grotta Beit Guvrin, utilizzata come location per mostrare Gesù e gli apostoli che si rilassano prima di andare a Gerusalemme. Qui vengono mostrati i primi dubbi di Giuda, che lo porteranno al tradimento.


Quando nel 2014 il sito divenne Patrimonio Unesco, la testata Forward (storico giornale ebraico fondato il 22 aprile 1897 a New York) scrisse, per mano di Emily L. Hauser, l’articolo: Why does U.N. love Israeli Caves? ‘Jesus Christ Superstar’! (Perché l’ONU ama le caverne israeliane? ‘Jesus Christ Superstar’!). “Sebbene non si trovi nessun accenno a Jesus Christ Superstar nell’annuncio dell’Unesco o in nessun comunicato stampa, credetemi. Le Caverne di Beit Guvrin sono la location per eccellenza delle scene cruciali dell’inizio del film del 1973 (…). E’ un pezzo glorioso della storia del cinema e se mai le visiterete come è accaduto a me (…) diventerà ovvio anche per voi capire perché Jewison l’ha scelta come ‘casa’ in cui la sua compagnia viene rivelata come una famiglia che sta andando in pezzi”.

Non è possibile descrivere meglio quanto un film possa legare la propria potenza narrativa ad un sito Unesco, mostrandolo, rivelandolo e legandolo per sempre alla memoria.


La motivazione per cui le Grotte di Maresha e Bet-Guvrin nelle Terre della Giudea come un microcosmo della terra delle grotte sono Patrimonio Culturale dell’Umanità dal 2014:

“Il sito archeologico contiene circa 3.500 camere sotterranee distribuite in distinti complessi scolpiti nello spesso e omogeneo gesso morbido della Bassa Giudea sotto le ex città di Maresha e Bet Guvrin. Situato all’incrocio delle rotte commerciali verso la Mesopotamia e l’Egitto, il sito testimonia l’arazzo di culture della regione e la sua evoluzione per oltre 2000 anni dall’VIII secolo a.C., quando Maresha, la più antica delle due città, fu costruita, fino al tempo dei crociati. Queste caverne servivano da cisterne, frantoi, bagni, colombari (colombaie), stalle, luoghi di culto religioso, nascondigli e, alla periferia delle città, aree di sepoltura. Alcune delle camere più grandi presentano archi a volta e pilastri di supporto”.

 dietro le quinte

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