di Silvia Sottile
Il 20 novembre 1945 si aprì il Processo di Norimberga, il primo tribunale internazionale della storia. A pochi mesi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, vennero portati alla sbarra i principali leader politici, militari ed economici del Terzo Reich, accusati di crimini di guerra, crimini contro la pace e, soprattutto, crimini contro l’umanità.
Il processo nacque da un accordo tra
le quattro potenze vincitrici, Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito e
Francia — che scelsero di non imboccare la via delle esecuzioni sommarie, ma
quella, rivoluzionaria, della giustizia formale.
Norimberga,
scritto e diretto da James Vanderbilt, tratto dal libro The Nazi And
The Psychiatrist di Jack El-Hai, interpretato dai premi
Oscar Russell Crowe e Rami Malek, sarà al cinema dal 18 dicembre,
distribuito da Eagle Pictures.
1945: All’indomani della Seconda Guerra Mondiale,
mentre il mondo è ancora sconvolto dagli orrori dell’Olocausto, Hermann Göring
e i principali gerarchi nazisti sono chiamati a rispondere di crimini contro
l'umanità.
Al tenente colonnello Douglas Kelley Kelley (il premio
Oscar Rami Malek), psichiatra dell’esercito americano, viene affidato un
incarico senza precedenti: valutare la sanità mentale di Hermann Göring (il
premio Oscar Russell Crowe), il famigerato ex braccio destro di Hitler. Deve entrare nella mente di Göring,
confrontando ragione e follia, obbedienza e malvagità.
Nel silenzio delle celle, Kelley ingaggia un intenso
duello psicologico con Göring, uomo carismatico e manipolatore. Da quello
scontro emerge una domanda che ancora oggi tormenta la coscienza del mondo:
stavano eseguendo ordini, erano pazzi… o semplicemente malvagi?
Allo stesso tempo, gli Alleati — guidati dal giudice
Robert H. Jackson (Michael Shannon),
affrontano l’impresa titanica di istituire un tribunale internazionale, per far
sì che il regime nazista risponda dei propri crimini di fronte alla Storia.
Così ha inizio il processo di Norimberga, un evento
che ha cambiato per sempre la storia e l’umanità.
Norimberga è indubbiamente un film potente e devastante, che
porta ancora una volta in primo piano le atrocità commesse dai nazisti nei
campi di concentramento. È importante, addirittura fondamentale e necessario, non dimenticare ciò che accadde per fa sì che la storia non si ripeta.
In questo, Norimberga offre una lucida e sconvolgente chiave di lettura, tanto vera quanto
apparentemente inconcepibile, basata sulla semplice banalità del male. Ciò che
è accaduto non è stato causato da una malattia mentale ma da esseri umani. E anche perché nessuno ha fatto niente per impedirlo finché non è stato troppo tardi. Accade ancora oggi, e potrà accadere in futuro, ovunque nel mondo. Un film storico che parla anche del presente.
Norimberga evidenzia proprio l’emergere del male in tutto il suo orrore, la crudeltà dell’uomo, mostrandone anche, in maniera estremamente straniante, l’aspetto umano.
Ci troviamo di fronte a un sottile gioco
psicologico tra lo psichiatra e il gerarca nazista che instaurano un duello
molto particolare, quasi una partita a scacchi, in cui spicca, in tutto il suo carisma, un mostruoso e magnetico
Russell Crowe che ruba assolutamente la scena (anche se viene da chiedersi
perché non sia stato scelto un attore madrelingua tedesco) mostrando l’intelligenza, il fascino e il narcisismo di Göring. Meno brillante e
credibile risulta invece l’interpretazione di Rami Malek, imprigionato nelle sue solite espressioni di Bohemian Rhapsody.
Nonostante la lunga durata
e il tema decisamente pesante e doloroso affrontato, Norimberga è
comunque un film che tiene lo spettatore incollato allo schermo e colpisce duro
(specialmente quando vengono mostrate le strazianti immagini di repertorio dei
campi di concentramento), lasciando veramente molto scossi al termine della
visione.
Norimberga è dunque un racconto potente, per quanto non esente
da difetti dal punto di vista cinematografico, che fortunatamente non inficiano
eccessivamente il messaggio. Oltre ai dubbi sul casting accennati prima, la
pellicola si struttura in maniera estremamente classica, con uno stile che
andava di moda negli anni ’90 – 2000. Un film hollywoodiano che non ha nulla a
che vedere con l'agghiacciante capolavoro di Jonathan Glazer La zona d'interesse
(2023), di tutt'altra valenza emotiva.
Se il gioco psicologico tra
Göring e Kelley (con Crowe vincitore assoluto) si rivela affascinante, così
come alcune scene e frasi particolarmente toccanti che fanno male e spingono
profondamente a riflettere, è proprio la parte in aula a risultare purtroppo la
meno convincente, troppo debitrice a tutta una serie di film processuali, in
particolare Codice
d'Onore (1992) dell’appena
scomparso Rob Reiner, un cult ineguagliabile di questo genere cinematografico.

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